In morte di un giornalista
Marco che se
ne va così, improvviso e inatteso, Marco che avevo incrociato in poche
occasioni e appena conosciuto, mi fa riflettere su questo mestiere che ti mette
pressione e adrenalina, finché c’è, ma ogni volta ti apre una crepa invisibile
di cui non ti puoi accorgere, con i suoi orari rovesciati, i pranzi
ingurgitati, le pause, anche quelle, sotto pressione. E sulla rabbia di questi
tempi, nel vederlo violentato e degradato, maltrattato anche da quelli che
dovrebbero difenderlo. E a una crepa si aggiunge una crepa, finché il cuore
finisce schiacciato. Quando la pressione si allenta, quasi sempre.
Allora penso a quello che manca, ormai, della vita a ritmi giusti. Una giornata di splendido niente, un tramonto sull’oceano, un vento lieve alle spalle, l’aria del dopo temporale da respirare al mattino. Una corsa forsennata in meno, un attimo in più da dedicare a un figlio, a un amico, a un’idea. Sogni così, sempre meno realizzabili.
Allora penso a quello che manca, ormai, della vita a ritmi giusti. Una giornata di splendido niente, un tramonto sull’oceano, un vento lieve alle spalle, l’aria del dopo temporale da respirare al mattino. Una corsa forsennata in meno, un attimo in più da dedicare a un figlio, a un amico, a un’idea. Sogni così, sempre meno realizzabili.
Rip, Marco.
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