Sentieri



Che ci faccio con tutti questi libri?
Mi circondano. Mi pesano. Improvvisamente, non li sento più fratelli.
A cosa sono serviti, poi? Ne ho letti troppi, troppo voracemente?

Che ci faccio con Jack, Henry, John, Ray, Georges, Luciano, Pierpaolo, Dino, Boris, Thom, Joe, Ernest, Francis, Fedor, Guido, Lawrence, Allen, James, loro e tutti gli altri, tutti qui a ballarmi intorno in questa notte che è sempre più lunga?
Fantasmi.
Pronti per essere dimenticati.
Lo so, cosa è mancato.
La sfacciataggine, la costanza, la capacità di tafanare il prossimo.
Sia maledetta questa paura di disturbare, di sgomitare, di sporcare il tempo degli altri.
Se si chiama educazione, voi due lassù, ascoltatemi, potevate darmene un po’ meno.
Se si chiama garbo, beh, affanculo. Mi lascia con questa sensazione di essermi speso tanto e male,  di avere quasi tutto alle spalle.
E che non ci sarà un’altra storia, e che non si ritorna al via.
Mi si è aperta questa voragine sotto, e ancora mi fa ridere.
Per ora.
Sono qui. Sospeso e non cado, ecco, hai presente Wile Coyote quando prende la rincorsa troppo lunga, e ciao.
Come lui guardo giù, aspetto che la fisica faccia il suo sporco lavoro, e intanto mi passa tutto dentro la testa, tutti quegli incroci in cui ho preso la strada sbagliata.
Ho lavorato sempre, ho consumato l’anima, ho bruciato il tempo, ho vissuto e sprecato, ho camminato mille notti senza sonno. Calvinista del cazzo.
Ho quella lettera sul tavolo. La aspettavo. Una formalità, come si dice.
E giù a raccontarmi che è andata così, che non c'entro. Che non ci si poteva fare niente, che anzi ho fatto anche troppo.
Ma non so. Me la racconto, forse.
Ho paura del vuoto. Del futuro. Del buio. Della solitudine.
Non mi era mai successo.


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