Mario Lodi. L'insegnamento del Maestro


"Il paese sbagliato". Ultima edizione, 2007. Libro da leggere e rileggere. Non solo per chi ha in mente di crescere un figlio. Lo lessi per la prima volta quando avevo vent’anni, e a tutt’altro pensavo. C’erano parole libere e forti, capaci di indirizzare. L’ho letto chissà quante altre volte. Quell’edizione (primi anni Ottanta) l’ho consumata, perduta, ritrovata, prestata, definitivamente smarrita. Oggi ho tra le mani un libro nuovo di zecca, e quelle identiche parole e frasi, gli stessi insegnamenti. Pubblicati ormai trentanove anni fa, eppure così attuali.
Per descriverlo, uso le parole di chi l’ha scritto, questo splendido libro. Di Mario Lodi. Il maestro da cui tutti vorremmo essere accompagnati nella vita. A cui devo un grazie per quello che penso e credo, e per quello che cerco di essere.
 
 
IL PAESE SBAGLIATO

Il libro racconta il diario di una esperienza didattica innovatrice, realizzata con i miei alunni nella scuola di Vho di Piadena (Cremona) dal 1964 al 1969. Un’ esperienza incentrata sulla libera creatività del bambino, documentata giorno per giorno dalle conversazioni dei ragazzi, dai loro testi, dalla loro vita reale.

Quando uscì ""Il Paese sbagliato", rappresentava per me la conclusione di un percorso iniziato negli primi anni del dopoguerra quando, dopo la caduta del fascismo e la fine del conflitto, il problema di fondo era la ricostruzione materiale e morale dell’Italia sui nuovi valori espressi dalla Liberazione. E proprio nel 1948, l’anno in cui veniva promulgata la Costituzione, io giovane maestro ancora fresco di studi ma inesperto sul piano didattico venni mandato alla sbaraglio in una scuola ancora verticistica e autoritaria, con nel cuore e nella mente i valori della libertà, della democrazia e della partecipazione che dovevano essere alla base della nuova società da costruire.

Era un momento storico stimolante soprattutto per noi giovani docenti diplomati in una scuola dove esperienze dirette non si facevano. Nella mia stessa situazione psicologica erano tanti altri docenti convinti che i nuovi valori dovevano entrare nella scuola per rinnovarla.

La libertà di pensiero e di parola, la democrazia, la partecipazione alla cosa pubblica, non erano cose da imparare leggendole sui libri, ma momenti da vivere dentro la scuola. Ma come si potevano cambiare le cose?

Con questo obiettivo, verso gli anni 50, sorse spontaneamente un movimento di base formato da docenti di ogni ordine e grado (il primo e finora unico movimento pedagogico nella storia della scuola italiana), che ispirandosi alle tecniche elaborate dal pedagogista francese Celestine Freinet, introdusse nella scuola italiana l’idea del bambino protagonista che sviluppa le sue capacità, le mette a disposizione della classe-comunità, stampa un giornale su cui racconta la vita sua e dei compagni, continua il gioco prescolare della esplorazione occasionale nella ricerca organizzata, rappresenta il mondo che sta scoprendo: col disegno, il teatro, la musica, eccetera.

La prima edizione del libro fu pubblicata nel 1970 ed ebbe notevole risonanza anche al di fuori dell’ambito educativo. Vinse il Premio Viareggio. Ricevetti circa diecimila lettere e risposi a tutte. La prima fu quella di un prete, don Sandro Lagomarsini che, come don Milani, ha trasformato la sua parrocchia in scuola, a Cassego di Scurtalò (SP). Mi scrissero genitori, maestri, studenti, soldati, poeti, scrittori, casalinghe, e tante altre persone che volevano sapere perchè nella loro scuola non avevano fatto quelle esperienze, che avevano trovato nel libro una speranza, una concreta proposta di cambiamento della scuola autoritaria. Persone alle quali la lettura di questo libro aveva portato riflessioni profonde e stimoli nuovi.

Fu considerato un libro rivoluzionario perché il messaggio che conteneva era quello di non parlare di libertà, ma di viverla nella normalità della scuola giorno per giorno, in un rapporto nuovo tra maestri e scolari.

La riproposta di questo libro mi offre lo spunto per una riflessione sulla scuola di ieri e quella di oggi.

Questo momento storico ha bisogno di maestri nuovi, professionalmente e civilmente preparati, che assumano un ruolo propulsivo nel corpo della nostra società. Dal tempo del "Paese sbagliato ad oggi molto è cambiato.

C’è stata la diffusione capillare della Tv, proliferata in modo selvaggio senza un codice etico.E c’è stata la crisi di un sistema politico degenerato. A livello internazionale sono caduti muri e miti, con le relative ripercussioni politiche. Eppure io noto analogie fra il momento del dopoguerra e quello di oggi.

Come allora, anche oggi c’è bisogno di ricostruire moralmente una società, recuperando i valori abbandonati.
La scuola non può estraniarsi da questo processo: se l’interpretazione modulare di programmi ha reintrodotto la trasmissione dei contenuti e inaridito la scuola, i docenti più sensibili possono introdurre nella scuola il senso della partecipazione e della socialità. A scuola i bambini possono imparare a vivere ogni giorno da cittadini liberi e responsabili.

Alla filosofia del consumismo e dell’arrivismo noi possiamo contrapporre la collaborazione,la cooperazione, la solidarietà, la non- violenza.

Se riusciamo a collaborare con i colleghi docenti, riusciremo a creare anche per i bambini il clima ottimale nel quale sentiranno se stessi protagonisti, gli altri come amici, e la diversità come arricchimento.

Io mi auguro che "Il Paese sbagliato possa contribuire a questa riflessione sull’educazione.


Mario Lodi

(2007)

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