Venti secondi
Saranno stati venti secondi. Mica di più. Va bene, mezzo minuto a dir molto. Ma non credevo, tante cose. E stupide poi, così stupide che quasi mi vergogno a pensarci. Come il cortile dei nonni in viale Carducci, che sembrava immenso e adesso l’ho rivisto, è diventato roba di uffici e gente fighetta che mangia insalate e tofu in pausa pranzo e non c’è più storia, né l’odore di allora. Come i burattini in piazza Trento e Trieste col nonno che rideva, e non sapevo dove fosse Trento, cosa fosse Trieste. Come la sera sotto i portici di via Fondazza che in fondo a quei portoni, diceva mamma, ci abitano le streghe, così non correvo via, e ancora adesso credo che qualcuna ci abiti ancora. Come la terrazza al mare da cui contavo le auto che passavano, inventando tornei con niente, perché non arrivava la Giulietta del veterinario, quella che davvero aspettavo. Come il plegin prima dell’esame e tre notti su libri e cartine, e finalmente il dannato riposo ...