Una parola
Ho fatto un gioco oggi. Scrivevo una parola e la cancellavo subito per non lasciarla uscire perché restasse nascosta tra le pieghe della mente. Scrivevo una parola senza vergogna ma non l’ho fatta uscire perché a questo mondo non c’è solo la vergogna con cui misurarsi. Scrivevo una parola e dentro c’erano occhi diversi qualcuno che capiva anche senza che uscisse Così è stato facile tenerla lì scriverla e cancellarla altro che le x e le y delle vecchie Olivetti che se guardavi in controluce saltava fuori tutto. Ho fatto un gioco oggi Scrivevo una parola e mi sentivo speciale a tenerla dentro per un minuto per un’ora per una vita o chissà. Un gioco complicato - piuttosto stupido - di quelli che ti prendono e quando smetti ti resta addosso (o dentro) una specie di affanno una voglia di dimenticarla lì sotto gli occhi di tutti. (MT, 2018)