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Periferia

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  La ragazza della via del Grande Fiume non ha specchi sul cammino. Una fortuna. Ho sempre un po’ invidiato chi sa rimuovere senza rimorsi. Funziona così: ti fai rimettere in piedi quando stai soffocando, o almeno così dici; poi ti scrolli la polvere di dosso, giochi ad avere le ali, un calcio nelle palle a chi è diventato di troppo. E poi via, verso una nuova vita felice - indicativamente - La ragazza che anestetizza i ricordi cammina con passo veloce, senza distogliere lo sguardo, sempre dritto, niente vetrine in cui incrociare - dentro un'immagine - la miseria dell’anima. Davvero, una fortuna abitare in periferia.

Percorso

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  Come al solito, sto leggendo un libro a cazzo. Qualche pagina all’inizio, qualcosa poco oltre metà, due capitoli prima della fine. E torno indietro, e poi freno su una frase, e poi accelero. Come al solito, non riesco a seguire una trama, un messaggio. Disordinato e libero. Cerco intuizioni nascoste, macchie di colore, rimbalzi del cuore, sputi e lingue attorcigliate, a volte addirittura biforcute. Alla fine non resterà una storia, ma poche immagini precise. Quelle che dentro c’è il mio vivere, quelle che non andranno più via dalla mente, finché rimango qui. E questo è il senso di tutto. Credo. (mt)

Calcolando

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  “Dovremo dire che è successo tutto dopo”. Il tuo stile, da sempre. Ma adesso a chi dirai che invece era successo tutto prima?  

Migliori

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Balle. Non ci si riesce, ad essere migliori. Meno che mai a comando, un preciso giorno dell’anno, tirando su un carrozzone nel quale nessuno crede più davvero. Sei migliore se hai un’anima, se il cuore spinge ancora nel petto per un’emozione, uno sguardo, anche solo per un ricordo. Sei migliore se fai tesoro di tutta la tua memoria, se la coltivi, se certi momenti che hai vissuto non li fai a brandelli. Davvero, non serve parlare di leggerezza, sentirti capace di planare dall’alto sulle cose. Non sai volare, fattene una ragione, e i macigni che ti togli di dosso li usi per schiacciare la vita intorno. Balle. Non sarà un giorno di festa a salvarti, a renderti migliore. Quello che sei lo mostri a Natale, ad ogni festa comandata, ogni giorno che bruci o sopravvivi. Trova gente che ti assomigli, i tuoi sorrisi sembreranno sinceri nel vostro club esclusivo. E vedrete un sorriso rassicurante stampato sul vostro Natale senza volto. (mt)

Te la smetti?

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  Paradosso. Controlli il dolore per mestiere, diffondi dolore per vocazione. Ti si accende qualcosa dentro e allora prendi la macchina e corri verso qualcosa o qualcuno senza pensare, senza nemmeno capire. Poi smetti di andare e aspetti che a correre siano gli altri. Poi si spegne quella fiamma, come si è spenta, come si spegnerà, e cambi obiettivo come cambieresti un vestito, un paesaggio. Così non c’è un momento per pensare a tutto il male che hai lasciato dietro, a tutto il male che sei. Non c’è un momento per sentirsi soli. Non è ancora arrivato, buon per te. Chissà che faccia, quando ti presenteranno il conto. (mt)

Nuovo indirizzo

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  Devi sempre cambiare tutto. Affetti. Amori. Persino zone della città. Per non farti riconoscere. Per lasciare di te soltanto l’apparenza. Perché nessuno riesca a capire nel profondo il vuoto che hai nell’anima. Ma prima o poi, ricordalo, le maschere indossate così, troppo di fretta, cadono. E resta il poco che hai dentro, il male che sarai.

Un secolo, oggi

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  Cento anni oggi. Ti avevo già letto da ragazzo e non lo sapevo. Perché tutto quello Steinbeck, il primo che mi aveva fatto innamorare della letteratura americana e delle giornate perse dentro ai libri, lo avevi tradotto tu. E poi Miller, Faulkner, tante cose che già avevo in casa, grazie a mio padre. Più tradi, è arrivata la tempesta perfetta: “La vita agra”. L’ho riletto in questi giorni, per la “esima ed esima volta”, e non invecchierà mai. Perché tu eri arrivato prima, molto prima. Avevi capito in anticipo in che baratro ci saremmo andati a buttare, ballando dietro ai pifferai magici. Che anno, il 1922. Pieno di gente che amo. Ti Jean Kerouac, che ho addosso da sempre. Pasolini, Fenoglio, Manganelli. E poi Gassman e Tognazzi. E poi Enrico. E Luciano Bianciardi, oggi un secolo esatto. Che ha portato addosso tutta la fatica del mestiere. E lo ha raccontato lucidamente, meravigliosamente.   “ Nel nostro mestiere invece occorre staccarli bene da terra, i piedi, bisogna muoversi

Incantesimi. Pof

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  Accidenti, che vita movimentata. Hai distrutto un marito. Pof. Hai stecchito un compagno. Pof. Hai cancellato un amante. O chissà quanti, prima. Pof. Sai, c’è modo e modo di voltare pagina. Ma non può capirlo chi cerca solo la prossima emozione, la prossima autoassoluzione. Per la miseria, che professionista. Niente spiegazioni. Pof. Niente saluti. Pof. Niente occhi negli occhi, che sarebbe un bel problema. Pof. Ti resta il tempo di invecchiare dentro una nuova felicità, per quanto possa durare. Ti resta il tempo di stancarti di un altro indirizzo di casa. . Che poi, sarà il tempo che resta. Perché la vita, sai mai, a volte si diverte a comportarsi come te. Da un giorno all’altro. Pof.

Semplice

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  Non credete alla balla che il dolore rende migliori. Il dolore che arriva a tradimento svuota, consuma, lacera, non lascia spazi che a se stesso, divora, ti uccide. Vivere la felicità sapendola riconoscere anche nella fatica è l’unico modo per trasmetterla. Non sprecate la vita.

Il vecchio

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  Non chiedetemi, hai fatto nulla, dove sei stato, hai incontrato qualcuno per strada. Sono vecchio: Ho perso i miei compagni vado avanti pianino come una lumaca. Se tuona mi metto un berretto, vado nell’orto, sulla terrazza, mi succhio un’arancia. A mia moglie ho lasciato i soldi sulla tavola, è fatica a campare ragazzi, e morire adesso che ho gli occhiali nuovi, mi rincresce. Nino Pedretti

Amnesie

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  C’è una nuova crepa nel muro. Devi fare attenzione per vederla, devi conoscere il posto, conoscere quel muro da una vita. Sono piccoli segnali: hai presente che ero un mago a parlare al contrario, quasi un fenomeno da fiera? Beh, adesso sono diventato basico: cuore erouc, sogni ingos, paura aruap, poco altro. Sulle parole complicate mi inceppo. Poi l’altro ieri parlavo di un amico e non riuscivo a ricordarne il nome. Per non dire dello scooter parcheggiato in un angolo smarrito della mente, in questa cazzo di città. Ci ho messo mezz’ora buona a ritrovarlo. Che fine farà “memory babe”, potrà più vantarsi di quel cervello che fruga veloce nei ricordi, potrà dire orgoglioso che la curiosità lo divora? Diventerà un ingranaggio perfetto di questo mondo nuovo che ride senza motivo, che calpesta tutto il bello che attraversa senza capirlo? C’è una nuova crepa nel muro. Roba da niente, dici, non c’è da preoccuparsi. Ma sì, ci sarebbe da sorridere, non fosse

Strategie

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  Adesso sì, che puoi dire che “è successo tutto dopo”. Sei stata perfetta. Mosse chirurgiche. Peccato per quei tre anni. Quando succedeva tutto prima. In cui non è successo niente, a sentirti raccontare. Tutto resettato. Almeno hai salvato la faccia. Se non hai specchi in casa.

Mamma corre

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  Mamma ha un nuovo fidanzato, chissà dove l’ha trovato. Mamma non sa darsi pace, ma sa darsi a chi le piace. Solo che ne ammazza tanti tra passioni e disincanti, solo che non è normale saper far soltanto male. Mamma scrive la sua storia, la ripete un po’ a memoria: si nasconde ad ogni sbaglio e il dolore altrui è un dettaglio Manda un altro cuoricino - non impegna, il messaggino - finge di essere profonda e più libera di un’onda Ma nell’anima c’è un vuoto e un copione a lei ben noto. Non le piace ricordare chi l’ha fatta respirare. Mamma corre verso il niente con lo sguardo indifferente. Io la vedo sempre meno, il suo giorno è troppo pieno. Dice che son la sua vita, forse non l’ho ben capita, o è una splendida bugiarda. Anche adesso, vedi? Tarda.

Tempo

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  Quando si è giovani si ha voglia di piangere, quando si è vecchi si ha voglia di morire. Jack Kerouac (dipinto di Richard Blunt)

B’day (consigli utili)

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Cambia sempre strada, per paura di dover spendere un saluto. Nasconditi. Come fanno i topi nelle fogne, o le persone inutili. Invecchia così, cercando sempre un senso a ciò che non sai costruire. Incolpa il mondo per le tue colpe. Pensa di prendere il volo, ogni volta che ti avvolgi di nuove catene. Chiama libertà la tua vita fatta di niente. Ridi, canta, balla. Non fermarti a pensare. Leggerezza è planare eccetera eccetera. Bene, credici. Appassisci senza lasciare un segno del tuo passaggio. Cammina rasente i muri. Di cosa dovresti vantarti? Sii quello che vuoi essere. Pazienza, se non ti riesce nulla di meglio.

Scatoloni

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  Figlio, vedi quelle scatole lassù, sopra la libreria? Sono piene di ritagli, parole, vita e mestiere. Quando sarà pensaci tu, che a me non riesce di fare pulizia. Questione di affetto o abitudine, forse semplicemente paura di non lasciare traccia del passaggio. Bruciale, o fanne carta per imballare le statuine del presepe, o i pezzi pregiati di un trasloco. Mi dispiace soltanto per tutti quegli alberi tagliati. Tanto lo hai capito che per spiegare il mondo bastano tre o quattro parole e la voglia di conoscere. Lo si può solo attraversare per finire in un punto nascosto davanti al mare, aspettando che succeda qualcosa. Un tramonto, una mareggiata, o la pioggia che ti bagna il viso e ti fa sentire improvvisamente vivo. (mt)

Io ti racconto

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  Io ti racconto lo squallore di una vita vissuta a ore, di gente che non sa più far l'amore. Ti dico la malinconia di vivere in periferia, del tempo grigio che ci porta via. Io ti racconto la mia vita, il mio passato e il mio presente, anche se a te, lo so, non importa niente. Io ti racconto settimane fatte di angosce sovraumane, vita e tormenti di persone strane. E di domeniche feroci passate ad ascoltar le voci di amici reclutati in pizzeria. Io ti racconto tanta gente che vive e non capisce niente, alla ricerca di un po' d'allegria Io ti racconto il Carnevale, la festa che finisce male, le falsità di una città industriale. Io ti racconto il sogno strano di inseguire con la mano un orizzonte sempre più lontano. Io ti racconto la nevrosi di vivere con gli occhi chiusi alla ricerca di una compagnia. Ti dico la disperazione di chi non trova l'occasione per consumare un giorno da leone; di chi trascina la sua vita, in una mediocrità infinita con q

Primavera 1938

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  Oggi, mattina di Pasqua. Un’improvvisa bufera di neve s’è abbattuta sull’isola. Tra le siepi verdi c’era neve. Mio figlio piccolo m’ha condotto a un alberello d’albicocche lungo il muro distogliendomi da versi in cui indicavo a dito i responsabili d’una guerra che può sterminare il continente, quest’isola, il mio popolo, la mia famiglia e me. In silenzio abbiamo messo una tela di sacco sull’albero infreddolito.   Bertolt Brecht

Consuetudini

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  Accontentarsi di chiunque pur di non restare soli. Se dovessi spiegare a parole l’infelicità, lo farei così. Charles Bukowski  

Il cappotto

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  “Aveva addosso quel cappotto” “Ma la cerchi ancora?” “L’ho incrociata per caso. Aveva addosso proprio quello” “E allora?” “Niente. Non so come potrei spiegartelo. Ha una storia, quel cappotto” “Una storia?” “Di una città attraversata di sera, col cuore in gola, con emozione. Di una luce nello sguardo. Di quando una sorpresa la commuoveva” “Che fai, recrimini?” “Ancora? Guarda che il punto è proprio questo. Non recrimino. E nemmeno dimentico. Ha una storia, quel cappotto” “Per te. Per lei è semplicemente qualcosa che trova nell’armadio, e decide che quel giorno le sta bene mettere proprio quello. E poi se ne va a trovare il suo cuore nuovo, che le dice “sei meravigliosa con addosso quel cappotto”. Solo che tu glielo avevi visto addosso molto prima, prima che se lo mettesse, prima che diventasse suo. Quando ancora era in vetrina” “Sì, succederà così. E chissà quante volte è già successo. Niente, dai: è la vita di merda che ci è data” “Sbagli. La vita è piena di colori, di so

Il cambiamento

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…ma ora tutto sembrava appartenere al passato… il cambiamento non era nella spiaggia, nel vento, nelle onde, il cambiamento era nelle persone... (Un mercoledì da leoni)

Foto della guerra

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  Portatemi ancora foto della guerra. Come quelle di un tempo, in bianco e nero, scattate a due metri di distanza, perché adesso è facile raccontare le battaglie da una camera d’albergo, basta mettersi un giubbotto antiproiettile e giocare al reporter d’assalto. Portatemi ancora foto della guerra. Non queste, così zucchero e miele, filtrate dal vostro perbenismo che fa sembrare tutto lontano, così lontano dal cancello di casa. Portatemi foto di corpi straziati, macchie di sangue e olio sul selciato, bambini che piangono stringendo tra le mani i loro giocattoli rotti, cani randagi che abbaiano per paura, gente che scappa dal dolore e corre incontro al dolore. Portatemi ancora foto della guerra, quelle dove si capisce una volta per tutte quanta merda contiene l’anima vuota della guerra. Dopo mi riuscirà più facile ascoltare le mille ragioni di chi dice che è tutto necessario, di chi gioca a risiko su mappe virtuali, di chi brucia il futuro a chi dovrebbe ave

Planare fuori bersaglio

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  “Prendete la vita con leggerezza. Che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore” . Attribuita a Italo Calvino. Attribuita. Che lui non l’ha mai detta né scritta. Tra le tante abitudini che si sono sviluppate e consolidate navigando sui social, ce n’è una che ogni volta è una nuova crepa sul cuore di chi ama la letteratura: la stramaledetta citazione sbagliata. Attribuita ad un’autrice o autore che non l’ha mai pronunciata né scritta. Probabilmente nemmeno pensata. Prima di condividere una citazione è sempre meglio verificare che l’attribuzione sia esatta. Così, giusto per risistemare le cose. Poi, le cose vanno completate: “Leggerezza è planare sulle cose dall’alto, talvolta devastandole, e non avere macigni sul cuore perché ci si è premurati di spostarli, fino a schiacciare il cuore ad altri” . Nemmeno questa è di Calvino. Però suona meglio, no? Dai, citazionisti, tornate a leggere qualche pisciata di certi poeti da so

Mancata consegna

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  Scusa amico, la tua pizza non arriva ma non posso farci più niente. Stavo correndo per portartela ancora bella calda, col cornicione alto, come si dice, proprio come piace a te. Scusa amico, ho fatto davvero il massimo, continuavano a chiamare ma credimi, pensavo solo a te. E poi a quell’incrocio non ho visto arrivare nessuno, so solo che a un certo punto non capivo più da che parte era finito il cielo. Scusa amico, non voglio lamentarmi con te, ma insomma, per tre euro l’ora ho fatto il massimo. Sai, dicono che così si tiene viva la gamba, eppure - dammi pure del lavativo se vuoi - la vita regolata da un algoritmo non è proprio la prospettiva che immaginavo. Scusa amico, se poi non mi sono più preoccupato della consegna. Ero accecato dal neon e sentivo quell’odore di ospedale che mi ha sempre messo a disagio, non capivo più dov’era il tempo né perché avesse così fretta di volare via. Scusa amico, ma mi fa ridere questo messaggio. "Siamo sp

Incroci. Ancora.

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  “Ciao, cuore grande”. “Ci credi davvero?” “Credo in tutto quello che dico” “Non ti manca la sicurezza, vedo. Una cosa nuova…” “Dovrei vergognarmi? Non ho niente di cui vergognarmi” “Sicura?” “Sei tu che volevi sentirti dire le cose che volevi..” “Le dici spesso queste cazzate? Servono a te, vero?” “Io te l’avevo detto…” “Vuoi che ti legga quello che hai scritto fino a ieri?” “Scusa se non mi sono fatta capire” “Non è che non ti sei fatta capire. Hai proprio mentito. Il male è questo, solo questo” “Quando avrei mentito?” “Tante cose. Troveremo il tempo per noi. Ma peggio, anche peggio” “Non ho mai detto bugie” “Cose come: Non lasciarmi, ti prego. E’ scritto qui, guarda. Non è una bugia? Non ci credo alla storia del cuore grande” “Credi a quello che vuoi” “Dà gusto, ferire un cuore grande? Ti ha fatto così male da aver bisogno di farne di più?” “Ti ho chiesto scusa…” “Riascoltati. Non credi alle tue stesse scuse. Non credi a una parola di quello che stai dicendo. Sei

Sold out

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  Facci caso, la luce del sole di ottobre parla una lingua diversa. Avvolge, si guarda bene dal soffocare. E’ quasi una presenza discreta, eppure ti chiama a sé, ti vuole fuori da quelle quattro mura. Come fosse un ultimo richiamo, un amico che torna quando non aspettavi più, e allora corri da un punto all’altro della città, come se dovessi rispiegargliela. Anche oggi il cielo è limpido, sarà così anche domani, con noi o senza, perché la vita se ne frega di me, di te, di tutti quelli che vorrebbero dirigerla di tutti quelli che si sentono invincibili. Parlano di confini da proteggere, loro. Sventolano bandiere, tracciano traiettorie cieche sulle cartine, cantano inni di guerra. Si giocano il futuro dei figli e non ne hanno vergogna. Sarà più accesa la luce del sole, avvolgerà il silenzio, spazzerà via i buoni i cattivi e le loro certezze, le loro divinità fallite, il passo marziale e l’adunata, anche gli idioti nei loro inutili bunker e tutti i nostri

Alla deriva

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  Il male non è dentro le cose, nel tempo che ci scorre, ci rincorre o in come lo sprechiamo. Non è un lavoro perduto, una   febbre improvvisa, un cammino in salita. Non è pioggia ne dolore, che se vuoi vivere la vita devi starci sotto, devi starci dentro. Il male è nelle persone. Come cambiano, come dimenticano, come imparano ad essere ciniche, come giocano indifferenti su più tavoli, assolvendosi a forza di bugìe. Il male è tutto qui. Occhi di ghiaccio, cuori inariditi, e quella ignobile, stupida arroganza che è come una droga per chi ha bisogno, sempre, di liberarsi la coscienza, di sentirsi immacolato dopo ogni esecuzione. (mt)

Piccoli gadget

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  Ti ho regalato una cosa preziosa. Libertà, quando ogni muro ti sembrava una prigione invalicabile. Beh, e altre piccole o grandi cose che non sto a mettere in conto. Solo questo. Cose che forse ora sembrano niente. Che forse non meritavano un’uscita di scena così banale. Così meschina. Scappare come topi di fogna dentro a un buco nel muro senza una frase, senza un gesto, non è il modo migliore di stare al mondo.

Lingua straniera

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  Davvero vorrei staccare le medaglie. Fare piazza pulita di tutti questi piccoli, inutili trofei. Che so, riciclarli, farci carta da pacchi, da cesso - se non è troppo ruvida -, sai, tipo “diciottorotolisolomillelire” , se sei della generazione a cui passava il furgoncino sotto casa alle otto di mattina. Sbagli se pensi che sia invidia, non so vivere di likes e a dirla tutta nemmeno di calcoli o conti in banca. Mi fa soltanto rabbia questo spreco di parole sputate controvento, questa banalità che si traveste da emozione. Tutti questi poeti che raddrizzano vite irrisolte - tu puoi, tu sei, tu tu tu, nella tua unicità -. E ci credono, eccome, loro e chi li idolatra, e si specchiano leggendo frasi appena appena passabili per le veline dei cioccolatini. Tutti a scrivere e recitare, i poeti della Pensione Sorriso. Intanto la poesia appassisce nel ripostiglio più buio. Aspetta che anche le nostre vite, i nostri entusiasmi da apericena, le nostre emozioni usa

Momenti di un canto lungo

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  (...) Io non vi voglio tediare. Voglio solo darvi notizia: i poeti sono gente di terra come tutti i mortali ma in loro nel sangue le stelle pulsano come lucciole vive. Un poeta è un eco, un grido, una lingua parlata di chi non ha voce, un amico dell’erba, della ruvida pietra. Un poeta è un ramarro che mangia parole. Inutile quindi, così come è inutile la saggezza di Rumi o quella di Cristo nei poeti del mondo. Amate almeno una sera, almeno un giorno della vostra miserabile vita (ma io vi auguro che sia felice) il rumore piovano di un verso. Amatelo e non ditelo a nessuno. Non è con la voce che cantano i versi , i l loro ronzio è il silenzio, il piede del tempo, la morte che arriva dal piano in cui credevate non vivesse nessuno (...) Nino Pedretti

Fine stagione

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  Io sono morto. Eppure eccomi qui. Che roba strana. Spendo parole, sorrido, faccio le solite cazzate, a volte ne vado pure fiero. Canto libero, ma mi mancano i toni acuti, suono ancora sulla solita panchina, così male che quasi ne ho vergogna. Eppure l’altro giorno due bambini si sono incantati ad ascoltare e avrei voluto dirglielo, cercate altri maestri, ma poi niente, mi sono impegnato e alla fine erano contenti così. Spero solo di non aver fatto troppi danni. Credimi, è così, io sono morto, eppure coltivo solitudini ogni giorno e non sai quanto mi commuove stare davanti al mare, ascoltare i suoi mille argomenti. Non mi pesano i ricordi, non mi passa la curiosità delle cose mai viste. E ne ho da vedere, non immagini, che poi se ne avrai voglia ti racconto. Io sono qui, cammino, respiro, straparlo, a volte bestemmio per un niente. Insomma, vivo. Io sono morto soltanto per chi voleva uccidermi. (mt)

Incroci

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  Ci sono angoli che conosci a memoria. Normale, questa è la tua città da sempre. E’ un amore, è mille rabbie, è una catena che ti lega, è una fuga che sogni da sempre. E’ un posto dove di giorno cerchi il sole e dove ti soffoca la notte. Ci sono giorni speciali e domeniche da buttare via. Ma a volte capita in un attimo. In un’occhiata, in un incontro casuale. Incroci, si chiamano. Incroci con la parte peggiore di questa città e di quello che hai vissuto, incroci che ti riportano alla mente quello in cui hai creduto e il modo disgustoso in cui sei stato ferito. Di più: lasciato a terra, sanguinante. Incroci che ti rimettono dentro la testa parole false, atteggiamenti meschini, promesse spese perché “tanto promettere non costa niente”. Che ti ricordano chi non si preoccupa di avere un’anima sporca. Incroci proprio a due passi da lì, dove tutto si era acceso. Non è che sia una vita di merda. E’ che a volte torna a galla la merda della vita.

Anniversario

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  Cosa vuoi che ti dica? Che mi avvicino sempre più all’età in cui ti sei fermato, perché il tempo azzera le distanze. Oggi potremmo parlare di molte cose che per quella strana forma di imbarazzo non affrontavamo, o magari ci giravamo intorno, a volte anche con effetti piuttosto comici. Parleremmo di vita, di esperienze, di tante decisioni e tanti sbagli che ci rendono simili. Come due vecchi amici. Come due vecchi leoni che si sentono indomabili, ma poi ci pensa la vita a ferirli. Dai, che comunque ci siamo  divertiti . E sai, ho sempre rinnovato la tessera del circolo, solo che adesso ci vado da solo. Ci trovo Sergio, Mauro, tutta gente a cui volevi bene. Sono diventato amico di Franco, il pres, che ha un cuore bello e piacerebbe molto anche a te. Oggi ne avresti novantuno. Beh, potevi restare un altro po’, a pensarci. Ma che vuoi fare, ci tocca correre anche quando vorremmo rallentare. Ti voglio bene e non te l’ho mai detto. Va là, che tanto lo sapevi.

La parola più brutta

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  Io ti conosco. Ti riconosco. In ogni angolo, ad ogni incrocio, nel dolore che hai dato senza curartene, perché per salvarsi dal dolore bisogna scaricarlo tutto su chi non ha difese. Una porcata, ma funziona così. Nel cielo che hai fatto toccare, ma senza esagerare: che le abitudini si pagano, che le abitudini sai fartele pagare. Io ti maledico e sogno ogni volta di partire, ma poi torno a frugare nella memoria. Per darmi un contegno, chiamo l’amore semplice curiosità. Tu fai peggio, lo chiami recriminazione. Recriminazione: la parola che hai usato più a sproposito, la parola che ha ferito più di ogni altra. Ma forse un giorno capirai. O forse resterai quella che sei diventata. Quel niente che cammina rasentando i muri. Io faccio l’indifferente, solito saltimbanco della vita. Ma molto peggio è riderci su. Molto peggio sei tu.

Dozzinale

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  Correre dietro alla normalità. Con la frenesia di essere quello che mai saprai essere. Il pranzetto fatto in casa, il picnic sull’erba, la tranquilla monotonia dell’esistere, le piccole cose di pessimo gusto. Ma ti tradisce la fretta, quel cercare rovistando il tempo, e ti difetta il cuore sempre troppo gelido. Vivi la vita rasentando i muri, come fosse una colpa, nascosta come nell’acqua di una fogna. Non fa per te, credimi, e nemmeno ti dico di scappare finché sei in tempo. Perché diciamolo, dove mai vuoi andare ridotta così? Guarda, vorrei dirtelo che sei credibile come una banconota da sei euro, ma niente: non vali così tanto e cosa ti dico, poi, che non sai nemmeno incrociare uno sguardo? Resto qui in silenzio a guardarti correre, e rincorrere la tua vita sbandata. Cerco ammòre, trovo ammòre, ma è tutta roba da mercato rionale. Quella che in fondo meriti.

Ripensandoci (e bisognava pensarci)

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  ‘E voglia ‘e mettere rum. Chi nasce strunz’ nun po’ addiventà babbà. (saggezza popolare)

Tempo

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  Continuo a pensare che l'unico tempo veramente sprecato sia quello utilizzato in cose inutili o brutte. Un giovane sioux di undici anni che aveva passato l'estate dai nonni, in riserva, interrogato al suo ritorno a scuola su come avesse trascorso le vacanze, rispose: “Benissimo. Il tempo era ritornato a essere intero” . Appunto. Noi siamo troppo abituati a segmentarlo, a dividerlo in ore e minuti, in ansie e angosce, dimenticandoci che da piccoli giocavamo intere giornate con un pezzo di legno in cortile, avvertendo il passare del tempo solo al sopraggiungere della notte, allo scroscio improvviso della pioggia: avevamo una pura nozione atmosferica del tempo. Fabrizio De André

Riflessioni

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  Ma dimmi: hai bisogno di “darti” vuol dire forse che sei fatta per buttarti via? O ancora - molto più semplice a pensarci - vali né più ne meno quello che sei?

Ad alta voce

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  Quarant’anni che cerchiamo in ogni pietra, in ogni crepa, nelle linee sui muri, nelle macchie sui vetri. Nelle ombre che prima erano corpi, nei silenzi che prima erano vita. Quarant’anni che cerchiamo perché in ogni maledetto buco può rintanarsi una risposta, e le risposte non chiudono le ferite ma aiutano, almeno, a sopravvivere. Quarant’anni che sappiamo quello che ci hanno nascosto, che ci facciamo forza, che contiamo i caduti di una guerra fatta di bugìe, rabbia e dolore, una guerra indegna, una guerra dove il nemico non ha nemmeno il coraggio di guardarti in faccia. Quarant’anni per una verità è sempre troppo tempo, sempre troppo tardi. Scrivetelo adesso, scriviamolo, nero su bianco, chi, come, perché se mai esiste un perché, scrivetelo e non aspettatevi che noi si smetta di gridare, perché solo questo ci è rimasto: gridare, gridare, gridare, per tenere accesa la memoria. Che non ci sarà più pace, e allora ci sia almeno il ricordo, ci sia sempre la parola che è lanterna nel buio

All'improvviso

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Eri nel sole. E per la prima volta eri così banale, così uguale a tutti gli altri, tempo davvero perso più che perduto. Eri nell’acqua, sai, quella che un tempo ti illuminava, ma non era così profonda e non lo erano nemmeno più i tuoi occhi. Eri un niente che avrebbe potuto essere tutto. Ma poi, nella vita basta accontentarsi, non è vero?

Fraintendimenti

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  Ma il cuore, quando vuole, si ostina a vedere oceani immensi in una misera goccia d’acqua. Charles Bukowski

Di poste, di frutta, di un anno

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  “Che ci fai qui, hai preso una contravvenzione?” “Così. Avevo voglia di passare” “Davanti a un ufficio postale?” “Sì, è ho preso anche una macedonia di frutta fresca, al bar qui vicino” “Pensi di accamparti?” “C’è sempre bisogno di frutta, quando fa caldo. E magari non hai fatto colazione, e hai fatto il turno di notte” “Stai dando i numeri?” “Magari hai bisogno di qualcuno che ti accarezzi l’anima” “Non è Bukowski, questo?” “Sì. Ad accarezzarti la pelle sono capaci tutti” “Beh, è facile da capire” “No, non è facile per niente. C’è chi preferisce non capire” “O rimuovere” “Già” “E’ un modo di ripartire, no?” “O di restare dove si è. In cerca di qualcosa che non esiste” “Ne sei sicuro?” “Guardati intorno. Vedi intensità negli sguardi? Vedi compassione, complicità?” “Tu cosa hai di speciale?” “Una forza, una soltanto. Non so arrendermi alla consuetudine” “Vantaggi per gli altri?” “Non diventare mai qualcosa di scontato. Almeno, quelli che hanno un senso per la mia