Giorno di festa
Qualcuno arrivò da San Lazzaro, altri scendevano dalle Orfanelle parlando una lingua straniera, e dalle strade d’Appennino sbucavano volti conosciuti che non incrociavamo da tempo. Avevano addosso panni pesanti inumiditi dalle notti in collina, parlavano di futuro e sorridevano. Poi ci ritrovammo tutti in piazza, ballammo e cantammo fino al tramonto e nessuno aveva voglia di rientrare, perché era la prima notte che il cielo non faceva più paura, era bello stare lì a respirarla. Dopo, lo sai quello che è stato. Chi aveva ideali veri ha continuato a duellare coi mulini. Tutto più semplice per chi era uscito dalle cantine unendosi alla festa. Credevamo di aver costruito qualcosa intorno alla memoria, ma persa quella si riparte sempre dal via. Strana specie di monòpoli, la vita. Ma quel giorno fu speciale. Le feste riescono meglio quando nessuno le organizza. Tutti quei suoni e quegli abbracci, tutta quella gente per strada, non ho mai più sentito così spe