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Visualizzazione dei post da marzo, 2022

Commediante

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  Funziona così. Ogni tanto devi mostrarti nuova. E siccome non hai niente da dare che sia diverso dal solito, non puoi cambiare copione. Ne conosci uno soltanto a memoria, non hai repertorio. Nulla su cui improvvisare: il mestiere è il mestiere, e rimpiangi di non avere mai coltivato il talento. Allora non ti resta che cambiare il pubblico pagante. E sperare che almeno paghi bene, che il benessere – dicono - allevia anche questa fatica, questa monotonia dell’offrire il tuo spettacolo di sempre.

Decadenza

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  Guardali bene, quelli che decidono la guerra. Sono vecchi. Di idee, strategie, propaganda, di frasi ad effetto. Non anziani: vecchi, decrepiti, ringhiosi mentre fanno a pezzi, devastano, annientano ogni speranza di futuro. Sono vecchi i potenti, quelli che comandano e decidono; quelli che ammucchiano i libri e ne fanno un rogo in piazza, quelli che hanno paura del pensiero, quelli che seppelliscono i figli sotto bombe intelligenti. Quelli che mandano i giovani a morire. A volte si nascondono dietro barbe incolte per sembrare più saggi, e il risultato è che sembrano solamente più sporchi, lordi fin dentro l’anima. A volte sfoggiano cravatte inamidate per sembrare più rassicuranti, o semplicemente per convincere i potenziali acquirenti che le loro armi sono perfette, davvero il meglio per sbrigare in fretta la faccenda. Sono vecchi dentro, non piacciono a chi è vecchio davvero perché conosce amore e miseria e l’odore nauseante del fango che riem

Verso dove

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  A salvarmi dal dolore. A salvarmi da certi vuoti dentro. A salvarmi dalle diagnosi. A salvarmi dalle recidive. A salvarmi dalla fottuta paura. A salvarmi dalla guerra. A salvarmi dai guerrafondai. A salvarmi da chi spazza via senza rimorsi. A salvarmi da chi dimentica. A salvarmi dalla gente brutta. A salvarmi da quella appena appena accettabile. A salvarmi da chi finge di sorprendersi. A salvarmi da chi finge di spaventarsi. A salvarmi da chi salva sé stesso. A salvarmi da chi affonda il coltello. A salvarmi da chi lo fa a tradimento. A salvarmi da chi rimuove anche le sue frasi. A salvarmi da chi cancella le sue parole. A salvarmi dagli psicolabili. A salvarmi dagli irrisolti. A salvarmi da chi deve “darsi”. A salvarmi dal tempo buttato via. A salvarmi da certi medici fuori servizio. A salvarmi da ogni tipo di anestetico. A salvarmi da chi trascina un trolley pieno di sorprese. A salvarmi da chi dice non lo avevo mai fatto prima. A salvarmi da chi legge po

Disagio e dolore

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  Sei una povera cosa. Una storia vera, però piena di bugie. Parli di disagio e dolore, ma sono cose che butti addosso agli altri. Non sai cosa sia il disagio. Se non quello che si può provare naturalmente, quando si sa di essere sporchi. Quando si sa di ferire qualcuno che non credeva di doversi difendere. E allora si scappa, ci si nasconde, si evita di incrociare sguardi. Vita da topi di fogna. Quel disagio lì. Il disagio lo prova chi ha speso tanto di sé e si sente trattato come il peggiore dei criminali. Che poi, non è disagio: è disgusto. Il dolore è una cosa che si porta addosso chi ha un'anima; e va avanti, sorride, tende la mano, progetta, cerca di vivere. Non parlare di leggerezza, non farlo. La leggerezza è una cosa seria, raccontata da te diventa una caricatura, un film comico. Per te è soltanto disimpegno, noia, bisogno di provare emozioni forti. Senza sapere nemmeno quali siano le emozioni vere ancora da provare. A testa bassa, dentro storie di cui ti stancher

Il destino non si cambia

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  Quante ne ho messe, qui sopra, di foto tue? Allora, stavolta cambio le regole del nostro gioco. Metto la foto di quel paio di cose che ci univa, ogni dannato mercoledì a pranzo. “Con qualsiasi condizione climatica, bisognerebbe dire”. Oppure, parafrasando quel genio di Jannacci: “In caso di maltempo, l’ostaggio sarà rilasciato lo stesso”. Stesso menù e stesso copione. Ai tempi della Mura, da Romano, e più tardi all’Arci sopra San Lazzaro. Dalle caprette, per intenderci. Tagliatella al ragù e un bicchiere di rosso. Beh, magari due. Io arrivavo da poco lontano, tu da Medicina, eppure eri sempre lì per primo. Su quel muretto, seduto a leggere il giornale mentre aspettavi. E la risposta pronta, sempre la stessa. “Aspettavi da molto?”. “No, sono appena arrivato”. Solita balla a fin di bene, ogni volta eri lì almeno da venti minuti. Non ci siamo mai capiti tanto come in quei pranzi del mercoledì. A volte anche senza troppe parole. Forse perché eravamo diventati due uomini adulti, con le l

Tempo

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  Per come si sono messe le cose, per dove sta rotolando il mondo, ho solo il dispiacere di aver buttato tre anni e qualcosa del mio tempo, sempre più prezioso per quanto si è messo a correre, nuotando in una pozzanghera di fango. Dentro una specie di miraggio che me la faceva sentire profonda come l’oceano. Il tempo non ci ritorna indietro. Non ce lo restituisce nessuno.

Fuori servizio

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  “Te la dico, una volta per tutte?” “Dimmela” “Il Dottor Stranamore non è esattamente un dottore” “Lo so. E’ una dottoressa”. “Accidenti, sei perspicace” “Non ci voleva poi tanto… Altre scoperte?” “E’ di nuovo al lavoro” “Ovvero?” “Disintegrerà un’altra vita” “Ma non le salvava?” “In orario di lavoro. Fuori, le distrugge” “Mi sembri un po’ troppo duro” “Non sono io. E’ la sua storia” “La sua storia?” “La nostra storia è il cammino che ci lasciamo alle spalle. Il suo parla per lei” “Metodi?” “Richieste d’aiuto. Autoassoluzione. Falsa innocenza, così è sempre colpa di chi sta intorno. Bugie da riempirci l’oceano. Poi, capacità di rimuovere senza pensarci su. Giocare a fare la donna libera, passando sul cadavere di chi si è battuto per liberarla. Farsi fotografare in posa per l'immagine da social, con lo sguardo intenso, pieno di tenerezza e vuoto di ricordi. Uno sguardo dolce e pieno di cattiveria” “Se è una specie di curriculum, è di quelli che vanno tenuti nascost

Anniversario

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  (a JK, nato il 12 marzo, cent’anni fa) Questo vino troppo dolce, questo vino senza etichetta, è per te, Jean-Louis Lebris de Kérouac, che hai camminato senza frontiere sempre cercando le radici, straniero e inquieto ovunque ti portasse il vento, incapace di fermarti, incapace di trovare un angolo di quiete. Questo vino senza speranza è per te, Ti-Jean, vecchio meraviglioso bretone che tornavi sempre a cercare gli occhi di tua madre, dopo aver sfidato quel mondo che ti faceva paura, che ti schiacciava giorno dopo giorno. Questo vino di ultima l’ho scelto apposta, credimi. E’ proprio come quello in cui ti smarrivi, cercando una pace impossibile, affetti improbabili, dolcezza nella gente che andava di fretta. Sapessi, niente è cambiato: forse la gente di oggi corre ancora più veloce, sa dimenticare mille volte meglio di allora. Brindo ai cent’anni esatti dalla nascita del tuo animo sensibile, perché è nella sensibilità che si nasconde la vera poesia

Notturno (20-08)

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  C’è un armadietto, quasi anonimo tra gli altri, proprio lì nella stanza in fondo al corridoio, non lontano da quella dove passi le notti quando sei di guardia. Ci sono le poche cose che servono, un pile viola pallido, qualche foglio di servizio, la busta aperta di una vecchia raccomandata, le caramelle morbide alla liquerizia, quelle senza zucchero. Non c’è più quel libro stampato e rilegato alla meno peggio, pieno di poesie che parlano di te. L’hai buttato, perché i ricordi sono specchi e adesso hai paura di fermarti, non sei in vena di farti domande e ti sembra sia la scelta migliore, la vita giusta. L’hai buttato, e non è che avesse un valore assoluto, ci hai perso meno di niente, solo qualche foglio di carta. Però non succederà più che qualcuno scriva poesie che inseguono i tuoi passi, che ci metta dentro i tuoi occhi e mille altre cose di te, che stia lì immobile a guardarti nella sera mentre dici “nessuno, mai…” Nessuno, è vero, non lo

Forse è vero che invecchio

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Forse è vero che invecchio. Hai presente? Quegli strani cigolii, quei percorsi sbilenchi, quei pensieri affaticati, quella memoria che scivola su nomi e ricorrenze. Ricordo quando dicevo preoccupato a mio padre: “Non so, è un dolore strano, non mi era mai venuto prima”. Lui rispondeva con un sorriso divertito: “E vedrai da adesso in avanti…”. Alla fine, mi faceva smettere di pensare, e attaccavamo la solita tagliatella del mercoledì. Forse è vero che invecchio. Ma intorno cerco sempre molti colori, molta musica e mai uguale a sé stessa, molte cose da fare, fosse anche per non pensare troppo. O semplicemente perché ho paura di fermarmi. Ho paura di vedere dove va il mondo. Ho paura per mio figlio. Ho paura quando sento dire che “ora inizia una delicatissima partita a scacchi”, e le immagini mi mostrano una fila lunga chilometri e chilometri, di gente che scappa dalla morte, senza nemmeno chiedersi più dove sia la libertà, o se mai ci sia la libertà da qualche parte. Hanno lasciato a ca

Terreno edificabile

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  Smonta dal turno più lungo un po’ stanca, ma che importa? C’è quell’adrenalina a tenerla accesa e ancora non è diventata abitudine. Lo scooter resta lì, stasera si allunga lui a prenderla, se la porta a casa e lei non sa di essere già un trofeo, il portone che sembra in attesa, una doccia rigenerante, una cena che aspetta. E poi tutta quella passione che ancora una volta suona come nuova; e così sarà ancora almeno per qualche tempo. E poi la notte che è così magica, se si è bravi con le parole, capaci di reinventarle proprio come fosse la prima volta. Il suo gioco preferito. Il mondo fuori da recuperare domattina, finché sarà possibile recuperare l’affetto di qualcosa che sfugge, di qualcuno che cresce. E’ la solita corsa, la solita rincorsa, a cercar di essere una persona nuova, costruendo sulle macerie. Ma demolire è sempre semplice, ricostruire sarà ogni volta più complicato. I ricordi alla fine si accumulano e rendono il terreno sempre meno edi

Notiziario

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  Che cazzata, la guerra. Che mescola tutto e divide il bene dal male con l'accetta. e poi racconta bugie su dove sta il bene e dove sta il male. Che ammazza la gente, e toglie il pensiero a chi sopravvive. Che ti fa guardare un uomo con occhi diversi. Che tramuta l’amore in odio, la passione in indifferenza. Che fa sentire potenti gli inutili, intelligenti gli incapaci, immortali i fabbricatori di morte, quelli che poi la morte resta lì ad attenderli. Ultimi o primi non importa, toccherà anche a loro. Che cazzata, la guerra. Che ruba il pane a chi ha fame, che sporca il vino a chi lo usa per cantare, che brucia i libri e annacqua i pensieri, che spacca i manici alle chitarre, che a pagarla sono sempre e soltanto quelli che ne hanno ribrezzo. Che cazzata, la guerra. Che non c’è nessuno che la vinca, nemmeno quelli che frullano in tasca il portachiavi con le sorti del mondo, e camminano con gli occhi freddi, il passo marziale, le palle al vento, lo sgu

La parola perfetta

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  Perché non chiamare le cose col loro nome? Merda. Perché ci sono momenti di merda e persone di merda. Gente che piange e cerca conforto e poi all’improvviso si sente invulnerabile, si crede migliore, dice di non avere nulla di cui vergognarsi. E allora inizia a parlare di leggerezza, che   - per carità - non va confusa con superficialità, ci mancherebbe. Ma ogni volta che ne parla o ne scrive si capisce che serve per trovare alibi all’insicurezza che ancora l’avvolge. Però niente, non c’è verso di farla riflettere, o pensare al male che provoca per sentirsi bene. E allora puoi trovare tutte le parole del mondo per definirla: gente immatura, incerta, a mezza via, abituata a camminare sui crinali della vita. Gente che avrebbe bisogno e crede di bastare a sé stessa, gente pronta a incolpare il prossimo della sua inadeguatezza, gente che fa figli per dare un senso al vuoto che la divora. Ma perché perdere tempo a sfogliare le pagine di un dizionario? C’è una