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Visualizzazione dei post da agosto, 2019

Il mare lontano

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E’ una storia così semplice che raccontarla sembra quasi banale. Lui amava il mare, potrebbe essere tutto qui il senso. Lo amava fin da bambino, lo cercava, si rallegrava quando sentiva quel profumo che non sapeva nemmeno spiegare. Perché tutto, anche le piante, forse anche i sassi ne erano impregnati. Tutto era diverso. Sai quando si dice “a misura d’uomo”, quei luoghi comuni lì? Ecco, era la sua misura. Era uno spettacolo immergercisi, lasciare che l’onda arrivasse ad accarezzarlo, a farsi penetrare, era con quell’onda che gli piaceva fare l’amore. Nuotare, verso chissaddove, verso quella roccia laggiù, e poi oltre l’insenatura, oltre tutto. Stava fuori ore, e nessuno veniva a cercarlo. Tornava esausto, felice. Lui amava il mare, e ormai era troppo tempo che restava davanti a una finestra aperta, annusando a fatica un vento di città, cercando un orizzonte oltre i palazzi di fronte. Da lì vedeva il parco dei pensionati, che poi verso sera si spostavano per lasciar pos

In due

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Lo dico sempre anch’io, in due è il massimo, per stare insieme, se vuoi stare insieme, in dieci, in venti, come fai a stare insieme? La gente invece gli piace d’essere in tanti, «Eravamo una trentina, senza contare i bambini», e sono contenti, «Stiamo insieme», che non vuol dir niente, starai attaccato, non insieme, più siete e peggio è, stare insieme è un’altra cosa, non te n’accorgi? no, non se n’accorgono, per loro, essere in pochi è come non esserci, loro hanno bisogno d’essere in molti, in cento, in mille, in diecimila, in centomila, che io, ci sono stato anch’io, per San Martino, alla festa della Pieve, mangiare, bere, canti, ridi, urli, perché devi urlare, è tutto un urlío, se no non ti senti, e per loro è allegria, che era un casino, e io lí zitto in mezzo, cosa vuoi che dica, mi pareva, ma davvero, d’essere solo. Invece in due, tu e lei, la sera, in casa, a un certo momento spegni la televisione, chiacchieri un po’, lei va di là, torna, sorpr

As time goes by...

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Sarà questo bisogno di tornare a quei giorni lì, anche per capire quello che sono diventato. Quando uscì per la prima volta, aveva la copertina bianca, edizioni Erba Voglio, nate sulla scia della rivista il cui canto del cigno arrivò poco dopo i fatti di marzo ’77. Coi libri andò avanti ancora, fino all’82. Sfogliai queste pagine e mi ci trovai dentro. Con tutti gli angoli di Bologna che erano teatro quotidiano delle piccole banalità della mia vita, i posti in cui progettavamo un mondo nuovo che poi non abbiamo mai visto. Con un amore che assomigliava tanto al mio. Con le mille domande della mia generazione, allineate con quello stile lì, che aveva un senso anche (e proprio) dopo Kerouac. Letto e riletto, poi letto ancora. Infine prestato, e mai più tornato a casa. Succede sempre così. Oggi l’ho ritrovato tra gli scaffali di una libreria che assomiglia sempre più ad un centro slow-food. Inspiegabilmente, ero lì a cercare libri, non bottiglie di vino bio o pasta

Questo giorno, o un altro giorno

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Ieri era il tuo giorno. Lo sai bene che non dimentico, che ti ho pensato non so quante volte, mentre si faceva notte. E’ che non mi andava di dare troppo risalto alla ricorrenza, lo sai come sono fatto. Preferisco dirtelo oggi, che sei sempre qui. E ripetertelo domani, magari, e ancora nei giorni che verranno uno dopo l’altro. Del resto, come vanno le cose qui lo sai. Tuo nipote ha già undici anni, e questo conto purtroppo ti riuscirà sempre, perché te ne sei andato otto giorni dopo che era nato. L’unica volta che l’hai visto aveva tre giorni, ma già si vedeva che tutto sommato quello del nonno sarebbe stato un mestiere nelle tue corde. Chi l’avrebbe detto, eh? E’ andata così, ma quella lettera che gli lasciasti, e che trovai per caso tra le tue carte, gli ha fatto capire chi era Giuliano. “El mesté l’è el mesté”, come direbbe Beppe Viola. Ultimamente, non precisamente quello per cui mi sono speso, che sembra di stare dentro un frullatore. Ma sai come vanno le cose, “a volt

Reset

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Allora ti chiedi se per caso sia arrivato quel momento. Quello che hai sempre aspettato con timore. La testa gira a vuoto, le vertigini arrivano con maggior frequenza, quando racconti una storia ti capita sempre più spesso di perderti nella ricerca di un nome. Non il protagonista, non ancora; ma qualche comprimario, qualche caratterista della vita che pensavi fosse impossibile dimenticare. Cazzo, da ragazzo ti facevi chiamare "Memory Babe", proprio come il tuo idolo, il poeta di Lowell. Niente, non esce. Puoi passarci la notte, non esce. E non è che la pagina resti bianca. Butti giù qualcosa, un’idea, una trama che all’improvviso si inceppa, non trova sbocchi, si arrotola su sé stessa. Scrivi, e poi cancelli. Ci fossero ancora le vecchie Olivetti, sarebbe un foglio massacrato da righe e righe di xyxyxyxyxyxy. Invece niente, stare al pc ti regala verginità.   Qualche riga di semplici appunti, spazi che non fanno trasparire la tua inquietudine, un ordine quasi in

Nessuna colpa

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“Questo non significa che si debba perdere la speranza. Un uomo vero si sforzerà di eliminare il dolore dal mondo. Un uomo meschino non lo vedrà nemmeno, tranne che in se stesso. E un uomo malvagio, per sua disgrazia, porterà al mondo altro dolore, seminandolo ovunque andrà. Ma non è colpa di nessuno, mi sa, perché nessuno ha chiesto di venire al mondo” William Saroyan , “La commedia umana”

La conta

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Quindici che sembrano una vita Quindici che bastano a conoscersi Quindici che non hai più segreti Quindici che ancora ho da imparare Quindici che è un angolo di pace Quindici che roba ora, pensare a quanti ne verranno

Siamo poca roba

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Siamo poca roba, Dio, siamo quasi niente, ombra degli uomini che passano, i nostri parenti, forse il ricordo d’una qualche vita perduta, un tuono che da lontano ci richiama, la forma che sarà di altra progenie... Ma come facciamo pietà, quanto dolore, e quanta vita se la porta il vento! Andiamo senza sapere, cantando inni, e a noi di ciò che eravamo non è rimasto niente. Sèm poca roba, Diu, sèm squasi nient, forsi memoria sèm, un buff de l’aria, umbría di òmm che passa, i noster gent, forsi ‘l record d’una quaj vita spersa, un tron che de luntan el ghe reciàma, la furma che sarà d’un’altra gent… Ma cume fèm pietâ, quanta cicoria, e quanta vita se porta el vent! Andèm sensa savè, cantand i gloria, e a nüm de quèl che serum resta nient. Franco Loi

Il vecchio

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Non chiedetemi, hai fatto nulla, dove sei stato, hai incontrato qualcuno per strada. Sono vecchio: Ho perso i miei compagni vado avanti pianino come una lumaca. Se tuona mi metto un berretto, vado nell’orto, sulla terrazza, mi succhio un’arancia. A mia moglie ho lasciato i soldi sulla tavola, è fatica a campare ragazzi, e morire adesso che ho gli occhiali nuovi, mi rincresce. Nino Pedretti