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Visualizzazione dei post da agosto, 2022

Incroci

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  Ci sono angoli che conosci a memoria. Normale, questa è la tua città da sempre. E’ un amore, è mille rabbie, è una catena che ti lega, è una fuga che sogni da sempre. E’ un posto dove di giorno cerchi il sole e dove ti soffoca la notte. Ci sono giorni speciali e domeniche da buttare via. Ma a volte capita in un attimo. In un’occhiata, in un incontro casuale. Incroci, si chiamano. Incroci con la parte peggiore di questa città e di quello che hai vissuto, incroci che ti riportano alla mente quello in cui hai creduto e il modo disgustoso in cui sei stato ferito. Di più: lasciato a terra, sanguinante. Incroci che ti rimettono dentro la testa parole false, atteggiamenti meschini, promesse spese perché “tanto promettere non costa niente”. Che ti ricordano chi non si preoccupa di avere un’anima sporca. Incroci proprio a due passi da lì, dove tutto si era acceso. Non è che sia una vita di merda. E’ che a volte torna a galla la merda della vita.

Anniversario

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  Cosa vuoi che ti dica? Che mi avvicino sempre più all’età in cui ti sei fermato, perché il tempo azzera le distanze. Oggi potremmo parlare di molte cose che per quella strana forma di imbarazzo non affrontavamo, o magari ci giravamo intorno, a volte anche con effetti piuttosto comici. Parleremmo di vita, di esperienze, di tante decisioni e tanti sbagli che ci rendono simili. Come due vecchi amici. Come due vecchi leoni che si sentono indomabili, ma poi ci pensa la vita a ferirli. Dai, che comunque ci siamo  divertiti . E sai, ho sempre rinnovato la tessera del circolo, solo che adesso ci vado da solo. Ci trovo Sergio, Mauro, tutta gente a cui volevi bene. Sono diventato amico di Franco, il pres, che ha un cuore bello e piacerebbe molto anche a te. Oggi ne avresti novantuno. Beh, potevi restare un altro po’, a pensarci. Ma che vuoi fare, ci tocca correre anche quando vorremmo rallentare. Ti voglio bene e non te l’ho mai detto. Va là, che tanto lo sapevi.

La parola più brutta

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  Io ti conosco. Ti riconosco. In ogni angolo, ad ogni incrocio, nel dolore che hai dato senza curartene, perché per salvarsi dal dolore bisogna scaricarlo tutto su chi non ha difese. Una porcata, ma funziona così. Nel cielo che hai fatto toccare, ma senza esagerare: che le abitudini si pagano, che le abitudini sai fartele pagare. Io ti maledico e sogno ogni volta di partire, ma poi torno a frugare nella memoria. Per darmi un contegno, chiamo l’amore semplice curiosità. Tu fai peggio, lo chiami recriminazione. Recriminazione: la parola che hai usato più a sproposito, la parola che ha ferito più di ogni altra. Ma forse un giorno capirai. O forse resterai quella che sei diventata. Quel niente che cammina rasentando i muri. Io faccio l’indifferente, solito saltimbanco della vita. Ma molto peggio è riderci su. Molto peggio sei tu.

Dozzinale

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  Correre dietro alla normalità. Con la frenesia di essere quello che mai saprai essere. Il pranzetto fatto in casa, il picnic sull’erba, la tranquilla monotonia dell’esistere, le piccole cose di pessimo gusto. Ma ti tradisce la fretta, quel cercare rovistando il tempo, e ti difetta il cuore sempre troppo gelido. Vivi la vita rasentando i muri, come fosse una colpa, nascosta come nell’acqua di una fogna. Non fa per te, credimi, e nemmeno ti dico di scappare finché sei in tempo. Perché diciamolo, dove mai vuoi andare ridotta così? Guarda, vorrei dirtelo che sei credibile come una banconota da sei euro, ma niente: non vali così tanto e cosa ti dico, poi, che non sai nemmeno incrociare uno sguardo? Resto qui in silenzio a guardarti correre, e rincorrere la tua vita sbandata. Cerco ammòre, trovo ammòre, ma è tutta roba da mercato rionale. Quella che in fondo meriti.

Ripensandoci (e bisognava pensarci)

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  ‘E voglia ‘e mettere rum. Chi nasce strunz’ nun po’ addiventà babbà. (saggezza popolare)

Tempo

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  Continuo a pensare che l'unico tempo veramente sprecato sia quello utilizzato in cose inutili o brutte. Un giovane sioux di undici anni che aveva passato l'estate dai nonni, in riserva, interrogato al suo ritorno a scuola su come avesse trascorso le vacanze, rispose: “Benissimo. Il tempo era ritornato a essere intero” . Appunto. Noi siamo troppo abituati a segmentarlo, a dividerlo in ore e minuti, in ansie e angosce, dimenticandoci che da piccoli giocavamo intere giornate con un pezzo di legno in cortile, avvertendo il passare del tempo solo al sopraggiungere della notte, allo scroscio improvviso della pioggia: avevamo una pura nozione atmosferica del tempo. Fabrizio De André

Riflessioni

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  Ma dimmi: hai bisogno di “darti” vuol dire forse che sei fatta per buttarti via? O ancora - molto più semplice a pensarci - vali né più ne meno quello che sei?

Ad alta voce

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  Quarant’anni che cerchiamo in ogni pietra, in ogni crepa, nelle linee sui muri, nelle macchie sui vetri. Nelle ombre che prima erano corpi, nei silenzi che prima erano vita. Quarant’anni che cerchiamo perché in ogni maledetto buco può rintanarsi una risposta, e le risposte non chiudono le ferite ma aiutano, almeno, a sopravvivere. Quarant’anni che sappiamo quello che ci hanno nascosto, che ci facciamo forza, che contiamo i caduti di una guerra fatta di bugìe, rabbia e dolore, una guerra indegna, una guerra dove il nemico non ha nemmeno il coraggio di guardarti in faccia. Quarant’anni per una verità è sempre troppo tempo, sempre troppo tardi. Scrivetelo adesso, scriviamolo, nero su bianco, chi, come, perché se mai esiste un perché, scrivetelo e non aspettatevi che noi si smetta di gridare, perché solo questo ci è rimasto: gridare, gridare, gridare, per tenere accesa la memoria. Che non ci sarà più pace, e allora ci sia almeno il ricordo, ci sia sempre la parola che è lanterna nel buio