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Visualizzazione dei post da 2019

Il veglione

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Fischia… loro, lo so, vanno al veglione. Io se mi dessero da scegliere andrei a letto e se mi dessero da scegliere una seconda volta andrei ancora a letto. Io sono vent’anni che faccio la notte tra la polvere del “Fabricco”, altro che pugnette. Mò fis-cia… lòu, al sò i va e vigliòun. Mè s ‘i m dèss da capè andrebb a lètt e s ‘ i m dèss da capè una sgònda vólta andrébb a lètt d’arnòv. Mè l’è vint’ann ch’a fazz la nòta tla pòrbia de “Fabrécch” èlt che pugnèti. Nino Pedretti

Bilanci

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Il problema non è tanto che mi scoccerebbe passare alla storia come uno scrittore trascurabile; è che mi scoccerebbe moltissimo passare come uno scrittore che ha sprecato i suoi talenti nell’ubriachezza, l’accidia, la rabbia e la collera. Quelli che sto affrontando adesso non sono più i normali problemi dell’indigenza, di una stanza male illuminata, del mal di stomaco. Quelli che sto affrontando adesso sono il tempo, l’alcol e la morte. John Cheever

Teologismi

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Così, dentro a questa chiesa di periferia, piccolo scrigno di speranze inevase, perdevo dalla valvola del cuore, ascoltavo le tre donne velate che snocciolavano avemarie alla catena di montaggio del perdono. Cercavo Dio o qualcosa che gli somigliasse ma non è per lui che scivolavano le lacrime. Era per l’equilibrio precario, per la rotta perduta, per il bisogno di un porto sicuro dopo tutta quella vita nella tempesta. Cercavo Dio ma mi è bastato voltarmi, perdermi in un paio di occhi, più luminosi nella sera, in un abbraccio commosso, in un bacio così intenso da sembrare rubato, e lì c’erano tutte le risposte, anzi, nemmeno più la voglia di fare domande, nemmeno più quel bisogno di capire. Insomma, c’era scritto chiaro, preciso, che Dio non va cercato su un altare, non serve riempire l’aria di cantilene, anche se vale la pena lasciar fare se aiuta a riempire certe vite vuote da far paura. Dio va cercato dentro a occhi così, in una p

Le parole

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Le parole non hanno occhi né gambe, non hanno bocca né braccia, non hanno visceri e spesso nemmeno cuore, o ne hanno assai poco. Non puoi chiedere alle parole di accenderti una sigaretta ma possono renderti più piacevole il vino. E certo non puoi costringere le parole a fare qualcosa che non vogliono fare. Non puoi sovraccaricarle e non puoi svegliarle quando decidono di dormire. A volte le parole ti tratteranno bene, a seconda di quel che gli chiedi di fare. Altre volte, ti tratteranno male, qualunque cosa tu gli chieda di fare. Le parole vanno e vengono. Qualche volta ti tocca di aspettarle a lungo. Qualche volta non tornano più indietro. Qualche volta gli scrittori si uccidono quando le parole li lasciano. Altri scrittori fingeranno di averle ancora in pugno anche se le loro parole sono già morte e sepolte. Fanno così molti scrittori famosi e molti meno famosi che sono scrittori soltanto di nome. Le parole non sono per t

Alighieri

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Quando tornerai mi dicevo, e sai, ci si mangia il cuore a volte per resistere. Ma poi vivi e dai e ti accorgi che non è tempo più di bandiere appese... E si cambia sai, non si aspetta più quando tornerai… Tu quel giorno avrai mille anni in più tutti gli anni messi in conto all'abitudine, e mi accorgerò che non basta più camuffare il tempo per sentirsi quelli che che si amavano, che ridevano... Roberto Vecchioni

I fiori mi dicono addio

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I fiori mi dicono addio, scrollando in giù le corolle, perch'io mai più rivedrò il suo volto e il paese natio. Non importa, mia cara, non importa! Li ho visti ed ho visto la terra, e accolgo questo brivido tombale come se fosse una nuova carezza. E poiché penetrai l'intera vita passandole dinanzi sorridendo, mi dico ad ogni istante che a questo mondo tutto si ripete. Verrà un altro, e che importa! La tristezza non cancella chi parte: per la donna abbandonata e cara comporrà il successore un canto ancor più bello. E nel silenzio ascoltandolo dal nuovo amante l'amata, di me può darsi si ricorderà come di un fiore che non si ripete. Sergej Esenin

Cartolina di Natale di una prostituta di Minneapolis

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Charley sono incinta vivo sulla nona strada proprio sopra una vecchia sporca libreria di Euclid Avenue ho smesso con la roba ci vado piano con il whisky e il mio uomo suona il trombone e lavora nella ferrovia Lui dice che mi ama anche se non sa di chi è il bambino dice anzi che lo crescerà proprio come fosse il suo mi ha dato l'anello che era al dito di sua madre mi porta fuori a ballare ogni sabato sera Charley penso spesso a te ogni volta che mi fermo a una stazione di benzina forse a causa di tutto quel grasso che ti mettevi nei capelli come brillantina e ho ancora quel tuo disco di Little Anthony and The Imperials ma qualcuno si è preso il mio stereo e adesso dimmi cosa ne devo fare? Charley credevo di uscir pazza quando hanno preso Mario così sono tornata a Omaha a vivere dai miei ma tutti quelli che una volta conoscevo erano morti o chiusi in prigione così sono tornata a Minneapolis adesso credo che mi fermerò Charley penso q

Amico fragile

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Evaporato in una nuvola rossa in una delle molte feritoie della notte con un bisogno d'attenzione e d'amore troppo, "Se mi vuoi bene piangi " per essere corrisposti, valeva la pena divertirvi le serate estive con un semplicissimo "Mi ricordo": per osservarvi affittare un chilo d'erba ai contadini in pensione e alle loro donne e regalare a piene mani oceani ed altre ed altre onde ai marinai in servizio, fino a scoprire ad uno ad uno i vostri nascondigli senza rimpiangere la mia credulità: perché già dalla prima trincea ero più curioso di voi, ero molto più curioso di voi. E poi sospeso dai vostri "Come sta" meravigliato da luoghi meno comuni e più feroci, tipo "Come ti senti amico, amico fragile, se vuoi potrò occuparmi un'ora al mese di te" "Lo sa che io ho perduto due figli" "Signora lei è una donna piuttosto distratta." E ancora ucciso dalla vostra cortesia nell'ora

Fuori tempo massimo

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C’era una volta un tipo che non   amava molto prendere decisioni. Ogni mattina doveva prendere il treno, ma aveva sempre qualche motivo per rimandare il viaggio da casa alla stazione. Una volta la sveglia che non aveva suonato, una volta un incidente che aveva bloccato il traffico (e non importa se lui usava sempre e soltanto la bicicletta), una volta le gomme sgonfie e la pompa prestata al vicino, una volta un cane senza museruola che lo aveva inseguito fino all’altro capo del paese… Il fatto è che il capotreno, che ogni volta trovava una scusa per aspettarlo, ben sapendo che altrimenti non sarebbero passati più treni del mattino, poi doveva risponderne a qualcuno. E il treno accumulava ritardi che a volte non riusciva a recuperare. Insomma, fu così che un giorno il tipo arrivò, legò al volo la sua bici e arrivò sul binario. Ma il treno non c’era più. Era partito regolare, non lo aveva aspettato. Coincidenza, era proprio il giorno che in città lo aspettavano con u

Il solito angolo

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“Mi dispiace, non essermi fermata” “Vuoi fartene una colpa?” “Non so. In fondo era una questione di pochi secondi” “Non avevi tempo. Dovevi correre” “Correre da qualcuno che non ha capito niente di me” “Qualunque cosa sia. Sono scelte, va così” “Non dovrebbe” “A chi vuoi dirlo? Dipendono da te” “Lo so” “Non hai motivo di dispiacerti” “Invece sì. Perché non sapevo…” “Non si può mai sapere, prima” “Potevo fermarmi” “Non sarebbe cambiato niente, il destino non si decide prima” “Avrei potuto salutare, abbracciare” “Pensi ne avesse bisogno?” “Penso di sì” “Magari lo ritroverai, in qualche modo” “Sono quasi arrabbiata con lui. Non doveva finire così” “Credo che non ne sia troppo contento. Anche lui aveva ancora mille cose da fare…” “Vorrei che servisse a qualcosa” “Serve. Serve a capire…” “Capire cosa?” “Che bisogna prendersi le occasioni” “Tutto qui?” “Che per essere liberi, bisogna avere coraggio. Come i bambini, hai presente?” “Come i bambini…” “Sì. Che

Dibattito

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Questa mattina sono lacerato tra il senso di responsabilità verso me stesso, il dovere nei confronti dell’editore, e l’attrazione che provo per il fiume sotto casa mia. C’è il passo invernale delle trote iridate, ecco il problema. E’ quasi l’alba, la marea è alta. E proprio mentre questo piccolo dilemma ha luogo e il dibattito interiore continua, i pesci stanno entrando nel fiume. Oh, beh, continuerò a vivere felice qualsiasi cosa decida. Ray Carver

L'ultimo porto

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Ed erano stati giorni, mesi, anni di felicità. Sentiva intorno un’atmosfera nuova, un calore dentro che lo faceva stare bene. Aveva cercato per una vita quel porto, sapeva che lì avrebbe potuto finalmente lasciar fuori l’irrequietezza che lo accompagnava da sempre. E fu così, per tutto quel tempo. Si sentiva accettato, amato, voluto finalmente. Era una sensazione nuova, bellissima. Fu lui a sbagliare, certamente. Non si perdonava quell’impazienza, gli sembrava che tutto fosse così semplice e naturale da non dover tornare indietro ogni volta, passare e ripassare dal via, doversi guardare da tutto e da tutti, dagli occhi degli altri, dalla morale e dalla piattezza di vite banali che pretendevano di giudicare il suo entusiasmo. Si incolpò di tutto, ma dentro continuava a guardare la realtà: viveva in uno scantinato, se ne stava giorni interi in quel buio aspettando quel paio d’ore in cui era ammesso alle feste. Iniziò a farsi domande, e le domande sono maledette. Si chiedev

Più che sotto i miei versi

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I ferrovieri a bada del freddo l’ospedale dove sobbalza il letto allo scalino e la gente appoggiata di schiena nel tepore del sangue sugli usci spalancati. La sera due per due in bicicletta fra i lampi delle auto e il riso lungo e sguaiato delle anziane. E la vita dentro le case con la radiotivu delle canzoni il pavimento sempre pulito e i muri a volte incollati coi giornali. Non c’è luogo nel mondo in cui la vita riposi, anche fra queste mura di carta dove si sente tutto dall’amore alla morte, c’è menzogna furto, opaca disperazione e tuttavia col desiderio animale che sia un altro al tuo posto quando bussa un male cupo una morte c’è per quella tela che li tiene uniti anche nell’odio un lume di pietà e il pianto e la preghiera sono comuni. Io porto con me questo paese forse scomparso. Ma quando sui bastioni frusta l’inverno e la luce si fa bassa a poche spanne in corsa per gli androni bianchi come pesci in fuga più che sotto i miei versi sp

Ho rivisto il film

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E’ passato un po’ di tempo, ma io son fatto così, alle cose ci devo pensare e ripensare. Poi, questa era più delicata, perché ascoltavo quelle parole e sapevo bene cosa volevano dire. Sono gli stessi pensieri che mi hanno attraversato, le stesse sensazioni che mi hanno riempito i giorni, che altrimenti sarebbero stati tutti uguali, quando ero dentro quella storia sbagliata. Sveglia alle sei e mezza, che nemmeno quando ero in caserma; pioggia fuori dalla finestra; visita pastorale del primario, con i suoi aficionados, come li avevo ribattezzati; freddo nelle vene e nel cuore, libri letti a metà perché tutto era fatica; cena all’ora dei polli, e poi la lunga notte per far girare le rotelle nel cervello, per spaventarsi del buio o passeggiare in un corridoio livido. Di quelli di Sinisa, uno in particolare, mi ha colpito. “ Il mio più grande desiderio era prendere una boccata d’aria fresca, ma non potevo: ora poterlo fare è bellissimo ” . A me era venuta così, ma credo sia

Caterpillar

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Caterpillar - altrimenti detto l’uomo senza dubbi né incertezze - continua a mettere soldi nel progetto in cui non credi, e i casi sono due o la stai spiegando a un sordo o giri intorno perché spiegare non è facile. Ma niente, che importa, lui sta lavorando per il vostro futuro puccipucci, per il vostro domani cicciacìcles, e che importa se sotto il tappeto dai colori accesi hai lasciato in mezzo alla polvere l’anima e quella voglia di essere felice? Caterpillar sta contando le monetine, tiene qualche spiccio per i carrelli della spesa qualche altro per le offerte in chiesa quando scatterà la parata della famigliola felice, che la chiesa è il posto migliore per rappresentare il nulla, e ancora qualcosa per spese varie vizi divertimenti Una mangiata di pesce, una camminata per digerire, una grattata di palle, un rimbrotto seccato - ma ci sei? - sotto il sole ancora caldo di ottobre, ecco questo è l’amore secondo il manuale del perfe

Venti secondi

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Saranno stati venti secondi. Mica di più. Va bene, mezzo minuto a dir molto. Ma non credevo, tante cose. E stupide poi, così stupide che quasi mi vergogno a pensarci. Come il cortile dei nonni in viale Carducci, che sembrava immenso e adesso l’ho rivisto, è diventato roba di uffici e gente fighetta che mangia insalate e tofu in pausa pranzo e non c’è più storia, né l’odore di allora. Come i burattini in piazza Trento e Trieste col nonno che rideva, e non sapevo dove fosse Trento, cosa fosse Trieste. Come la sera sotto i portici di via Fondazza che in fondo a quei portoni, diceva mamma, ci abitano le streghe, così non correvo via, e ancora adesso credo che qualcuna ci abiti ancora. Come la terrazza al mare da cui contavo le auto che passavano, inventando tornei con niente, perché non arrivava la Giulietta del veterinario, quella che davvero aspettavo. Come il plegin prima dell’esame e tre notti su libri e cartine, e finalmente il dannato riposo

Brutta gente

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Mettere tante divise, servire tanti padroni, scappare sempre in posti sbagliati, e poi recitare troppe orazioni, e vedere che in giro c'è sempre, sempre meno allegria, superbia piena di malinconia degli uomini ubriacati dalla guerra. E poi mercanti che solcano il mare facendo scudo dei loro bambini, per qualche migliaio di lire e la patente di assassini. E’ brutta gente che cammina e va sporcando la terra. (Enzo Jannacci)

Le tastiere del Civ

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Gianfranco mi dette appuntamento all’edicola di piazza Azzarita, nel pomeriggio dello stesso giorno in cui gli avevo chiesto il pezzo. Era il mio primo libro, quello che quando lo giri e rigiri tra le dita è emozione pura, ma finisce tutto il giorno dopo. Il Civ lo sapeva bene e mi mise in guardia da subito. Della storia della Sala Borsa lui era un testimone prezioso, poteva accendere la luce su quei giorni di gloria, di “par la mi bèla bàla” , di un pavimento a losanghe in cui le linee di fondo si confondevano. Lui come Achille Canna, Carletto Muci, Larry Strong, Gigi Rapini, Nandone Macchiavelli. A tutti chiesi un contributo, tutti splendidamente contribuirono. Né uscì una bella cosa, con le foto di Walter Breveglieri, un altro gigante, ad arricchirla. Arrivò brandendo un foglio scritto a biro, “è leggibile, non dovresti avere problemi a ribatterlo, dovrebbero essere 50 righe” . Aveva la misura in testa, dopo tanti anni in barricata, dopo tanti pezzi dettati “a braccio”

In memoria

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La cosa buffa è che era andato lì per leggere poche parole scritte sul muro di quella casa alla fine della scalinata. Gli avevano detto che erano parole d’amore e lui non le aveva mai lette Non   sapeva neppure che qualcuno nella sua città avesse scritto così bene d’amore da meritare una targa commemorativa. E non bisognerebbe ridere quando la vita diventa tragedia, ma insomma è strano, è incredibile a pensarci, che lo abbiano trovato lì accasciato sugli ultimi scalini - dicono gliene mancassero soltanto tre - Come se il cuore avesse preso ad agitarsi sempre più man mano che si avvicinava a quelle parole come se si aspettasse qualcosa di definitivo. E insomma, infarto miocardico diceva il referto, e amen, se fosse passato qualcuno a prenderlo in tempo, chissà. Poi la storia è piaciuta tanto che a quelle parole ne hanno aggiunte altre - proprio accanto - che parlavano di lui. Dell’innamorato che saliva le scale per scoprire una st

Quindici minuti, tre anni fa

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Qui è dove sono morto una volta. Giusto tre anni fa. Via Remorsella a zigzag, in bicicletta fino all’angolo con San Petronio Vecchio. Mio figlio che gridava pà, sembri uno che sta imparando ad andarci oggi. Invece era altro: cervello scollegato, e il resto del corpo che andava per i cazzi suoi. Proprio lì, dove c’è la rete arancione dei lavori, cominciai a inquadrare l’ambulanza, mentre iniziavo a tornare dalla parte della vita. Erano passati circa quindici minuti, e io non li ho mai più ritrovati. Rimossi, cancellati. Nella notte del Ps, prima controllarono la testa, che in verità non è mai stata completamente in quadro, ma per loro andava bene. Poi frugarono, fino a trovare il corto circuito nel sistema endocrino. Da lì, un anno di montagne russe: la dieta apparentemente risolutiva, la guarigione annunciata troppo in fretta, le ricadute nell’autunno successivo, nessuna così pesante come quella di via San Petronio Vecchio, niente pezzi di vita dimenticati, ma sensi di vuot

Mezzo secolo...

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Sono cinquant’anni che Ti Jean se ne è andato. La sua fuga dal mondo terminò il 21 ottobre 1969. Aveva rincorso la vita, prima di lasciarla scivolare via. Ancora oggi è più vivo di tanti che scrivono, parlano, dibattono, si agitano dentro la loro vuota quotidianità Così, io continuo a ringraziarti, Jean-Louis "Jack" Kerouac