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Visualizzazione dei post da gennaio, 2014

Riscoprendo

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  E se io avessi sei dita, mi hai chiesto mentre stavamo immersi nel buio e ne contavo e ricontavo cinque proprio lì dove un tempo ti pensavo a raccogliere montagne di neve E se io avessi sei dita che faresti? Ci perderei tutto il tempo che chiede quel dito in più per scaldarlo, accarezzarlo farlo sentire importante non trattarlo mai da ultimo arrivato E se tu avessi cento dita ci passerei la notte a farle sentire importanti come te. E se tu avessi due anime te ne chiederei una in prestito per riempirci il vuoto di queste albe da aspettare senza pace. E se tu avessi quel corpo che hai lo prenderei in prestito per tutto il tempo di cui avrei bisogno per perlustrarlo che tanto lo so, alla fine ti fideresti e non mi faresti portare via dai terribili Custodi della Quiete E se tu avessi fogli sparsi pieni di disegni e passioni vorrei metterli insieme riordinarli per non farti stancare mentre cerco di ammirarti come non ti avevo mai conosciuta

Sono un cane randagio

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… E come ballavamo bevendoci d’un fiato la notte Era l’estate dei sognatori Spegnevamo, danzando, tutte le luci - siamo sempre stati un po’ matti – Il rhum va giù bene, e forte Facciamogliela vedere allo spazzino con i cani randagi A bordo di un treno andato in malora regalo il mio ombrello ai cani randagi perché anch’io sono un cane randagio… (Tom Waits)

No more blue, Roberto

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Era il ‘78, con tutto quello che voleva dire avere diciotto anni a Bologna in quei giorni. Avevo già il blues nella testa, e andavo in cerca di quei longplayng che non uscivano mai di produzione, o quasi, perché c’era stata la liberazione delle radio, c’era la musica davvero popolare e nulla era globale come ora. Liberi di fare e di sbagliare, e infatti feci e sbagliai, e non ho più smesso. Dischi incredibili di Leadbelly, Sam Chatmon, i cantori dei Mississippi, Charlie Musselwhite da alternare all’altra fissa, i suoni di Chet, alle ispirazioni di Demetrio, le osterie di Francesco o gli zingari di Lolli. Un patchwork di suoni e parole, ma sempre con il blues in sottofondo. Era il ’78 e arrivasti a Bologna, in un megaconcerto di “various artists” che tu aprivi, incantandomi. Tornai a casa nella neve, quella sera, dovevo essere con Bob Onofri o col Matto, erano soprattutto loro a condividere quei giorni là. Tornai col poster che poi è rimasto appeso al muro nella mia tana da