Foto della guerra

 


Portatemi ancora foto della guerra.
Come quelle di un tempo, in bianco e nero,
scattate a due metri di distanza, perché adesso
è facile raccontare le battaglie
da una camera d’albergo, basta mettersi
un giubbotto antiproiettile e giocare
al reporter d’assalto.

Portatemi ancora foto della guerra.
Non queste, così zucchero e miele,
filtrate dal vostro perbenismo
che fa sembrare tutto lontano,
così lontano dal cancello di casa.
Portatemi foto di corpi straziati,
macchie di sangue e olio sul selciato,
bambini che piangono stringendo tra le mani
i loro giocattoli rotti, cani randagi
che abbaiano per paura,
gente che scappa dal dolore
e corre incontro al dolore.

Portatemi ancora foto della guerra,
quelle dove si capisce una volta per tutte
quanta merda contiene
l’anima vuota della guerra.
Dopo mi riuscirà più facile
ascoltare le mille ragioni
di chi dice che è tutto necessario,
di chi gioca a risiko su mappe virtuali,
di chi brucia il futuro a chi dovrebbe
avere un futuro da spendere.

Dopo sarà tutto chiaro: il niente
dove ci stanno aspettando
quelli che si credono immortali,
la sorpresa che vedrò sui loro volti
quando scopriranno che anche a loro
toccherà saltare giù.

(mt)


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