Ta lème àvrio

 


Ogni sera, ne sento il bisogno.
Di aspettare domani. Di credere a domani.
Anche se sono un teatrante fallito, un guitto sul viale del tramonto.
Tra le tende pesanti che chiudono il sipario, cerco il varco per guardare ancora oltre.
In platea cerco sguardi conosciuti. Cerco conforto, complicità. L’amicizia, se verrà.

Mi hanno detto “a domani”, ma era tutto finto.
Mi hanno detto “a domani” perché mi voltassi e mi incamminassi sereno.
E poi ho sentito il coltello affondare. Nella schiena.
Non è mai facile guardare in faccia la vittima.
Anche se l’hai scelta. Anche se di mestiere fai l’assassino.

Ma qui, a terra, senti almeno il fresco dell’erba. Della sera che arriva.
E c’è anche un soffio di vento, che lassù non arrivava. E c’è silenzio.
Il respiro si fa corto, il tempo stringe e spiegarlo non è facile.
Stai tranquillo. Abbi pazienza. Stai tranquillo.
In fondo è giusto. Probabilmente si perde meno sangue, a non agitarsi.
Sconsigliato: voltare pagina e scoprire che era l’ultima.
Consigliato: non smettere di dire “a domani”. Anche a sè stessi.

Ta lème àvrio. Goditi il tramonto.

(mt)


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