Schermaglie
Iniziò tutto da uno sguardo di traverso del vicino.
Allora si preoccupò, pensò che il suo orto
aveva sempre suscitato invidie. Tirò
un altro giro di filo spinato
tutto intorno. Per un po’ si sentì sicuro.
Ma intanto l’altro iniziava a chiedersi
a cosa servissero tutte quelle protezioni.
Chi si protegge vuole offendere, pensò.
Così si procurò un vecchio fucile
che suo nonno usava per la caccia
e chissà se ancora funzionava.
Ma insomma, per un po’ si sentì sicuro.
Fu quando scoprì quello squarcio nella rete
che si arrabbiò davvero, per giunta
non erano nemmeno entrati per rubare,
solo per sradicare, spaccare, imbrattare,
e solo lui sapeva quanto ci aveva messo
per fare di quell’orto un gioiello.
E poi una sera fu l’altro a spaventarsi
perché sentiva il cane latrare, e la paura
gli dette la forza di uscire, di sparare
a casaccio nel buio, col respiro affannato,
perché quelli non li vedeva ma capiva
che erano in tanti, il bastardo
si era portato anche i figli e i figli dei figli
anzi, aveva proprio mandato avanti loro.
Sparò anche lui e lo vide cadere,
sussurrò solo “maledetto tu e il tuo orto”
proprio un attimo prima di sentire
quel bruciore improvviso nel petto,
appena il tempo di pensare “se questa
è la morte, strano, è una ventata di calore”
Adesso in quel buco di cortile
c’è solo un lago di sangue, nessuno in giro
e il cane ha smesso di latrare. Qualcuno
non tornerà a casa, gli altri aspetteranno
in silenzio, l’orto andrà a puttane.
Sul giornale i soliti commenti: nessuno
pensava che sarebbe andata così.
Per quello straccio di orto, poi.
Proprio non ne valeva la pena.
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