Gratitudine

 


Per provare gratitudine occorre uscire da sé, fare meno di un passo ma verso fuori, alzare gli occhi al cielo, o giù, intorno, riavvicinarsi al selvatico del mondo, o guardare bene la faccia che ci sta davanti.
Ma per questo micro-spostamento a volte non basta una vita intera. Non credo c’entri questo adesso, così complicato. Alla gratitudine ci si educa e questo verbo, educare, è proprio perfetto perché contiene l’idea di essere condotti fuori, fuori appunto dal proprio angusto pollaio, dal proprio piccolo nome e cognome, dall’assillante pensiero entro cui siamo blindati.

Educare alla gratitudine è la via per uscire dall’egocentrismo e dall’antropocentrismo che sono grandi mali della nostra specie. Si è grati perché si è attenti all’altro da noi, e nell’attenzione si coglie il contributo dell’altro al nostro stare bene, la sua preziosità, la sua unicità

Mariangela Gualtieri

(Nell’immagine: “La gratitudine”, di Patrizia Boniffi)


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