Stai benone, Civ!


 

Oggi ho scritto di te, e devo dire grazie a chi me lo ha proposto. Perché non mi sembra vero che sia passato già un anno, mi sembra di sentire ancora quei borbottii da caffettiera indistruttibile, quei giudizi che spaccavano in due la platea. Condiviso o discusso, sempre uno spirito libero.

Non ti ho mai chiamato “maestro”, perché anche se ti faceva piacere essere riconosciuto, quello era un termine che consideravi da “fine corsa”, per vecchi campioni parcheggiati in qualche angolo della vita. Non faceva per te, anche se in tanti ti dobbiamo parecchio, chi lo riconosce e chi vola già troppo alto per capirlo.

Parlavi con voce e gesti da teatrante scafato, ma sapevi anche ascoltare. Non hai selezionato le compagnie, sapevi stare in mezzo ai vecchi compagni di avventura come tra i giovani, e se c’era qualche trucco del mestiere da condividere, beh, era di tutti e per tutti. Nessun segreto, nessuno spirito di corpo da rivendicare, nessuna invidia, nessuna rabbia da spendere.

Ho amato il tuo modo di scrivere: mai banale, spesso sorprendente e spiazzante, diverso, unico. Da uomo libero. Da fuoriclasse.
Se mai ho imparato qualcosa, grazie. Se non ci sono riuscito, grazie lo stesso: è un problema mio, tu il manuale delle istruzioni lo hai sempre tenuto aperto.

Oggi ho scritto di te su Stadio. Che è stato il tuo giornale, che è stato il mio giornale. Non potevo che farlo su quelle colonne.

Buona eternità, Civ. Grazie di tutto, e stai benone!


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