Dopo


SCIACALLI E CANI

Massimo Gramellini, "La Stampa", 9 aprile


Una Mitsubishi bianca si aggirava ieri per le strade di Sora, lindo comune ciociaro che plebiscitò Andreotti per mezzo secolo, invitando col megafono la popolazione a lasciare le case in previsione di una scossa imminente. Fra i tanti episodi di sciacallaggio che ogni tragedia trascina con sé, questo mi ha colpito per la sua gratuità. In fondo, il tizio che su Facebook ha suggerito di versare gli aiuti sul proprio conto corrente, spacciandolo per quello della Protezione Civile, era animato da una deprecabile ma diffusa volontà di speculare sui sentimenti del prossimo. Anche gli zingari che si sono mescolati agli sfollati negli alberghi del litorale agivano sulla spinta di un interesse pratico. E il Telegiornale che ha sciorinato i dati di ascolto - come se aumentare o strappare alla concorrenza gli spettatori sulla scia di una tragedia fosse un merito professionale da sbandierare - sacrificava il buon gusto sull’altare di quel Dio Auditel con il quale è costretto a misurarsi chiunque faccia televisione. Ma quale necessità può avere spinto un gruppo di persone a salire su una jeep per seminare il panico fra i concittadini? Definirli nichilisti sarebbe fuorviante. Cattivi, un complimento. Sono vili. Così spaventati dalla morte vista in tv da doverla subito esorcizzare con un gesto assolutamente stupido e crudele. Nessuno pretende che imitino gli umani di cui in queste ore vediamo brillare la solidarietà. Basterebbe che prendessero esempio dai cani che si aggirano fra le macerie in cerca dei padroni: senza paura di morire, ma con negli occhi il terrore di non poter amare più.

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