Rivedersi
Non ti ho scritto niente due giorni fa. Non mi piace
farmi trovare pronto per gli anniversari, e poi questo non era dei migliori.
Poi, tre giorni fa è semplicemente come oggi, come tra tre giorni: quindici
anni che sei andato via. Era presto, potevamo divertirci ancora un po’. Mi sono
accorto che quando passano gli anni, le distanze si accorciano. E infatti
riuscivamo a dirci tante cose in più, vedendole quasi dalla stessa angolazione.
Pensa cosa sarebbe adesso: tu già avevi visto tutto, io ormai non ho più molto
da capire, a parte le cose che resteranno sempre incomprensibili e il mondo che
deraglia, e la gente che continua a non capirsi, a farsi del male, a spararsi
al cuore con o senza armi. Sai che c’è addirittura chi non saluta da due metri,
fa finta di non vederti? E’ la cosa che fa più male: sentirsi colpevoli di non
essersi nascosti. Ah, e poi c’è la natura che si riprende il suo avere, ma
questo lo sapevi già allora.
Vuoi ridere? Lì dove ci davamo appuntamento ormai mi
conoscono, sono di casa, ci vado anche a fare le prove coi ragazzi. Ti ho
tenuto da parte libro e cd, che almeno tu sapresti ancora come si usa un cd. Il
muretto dove ti sedevi ad aspettarmi, dicendo ogni volta che eri lì da un paio
di minuti, è sempre al suo posto. Qualcuno è andato come te, ma con chi c’è ti
troveresti bene. E’ un po’ la mia base: con Saverio, Marco e Gianni, con Sergio
e Reinhard (ah, naturalmente abbiamo parlato di te, sei uno che lascia il
segno). Qualche volta ci porto tuo nipote: bis di primi, proprio come faceva
suo nonno. Laurenzo invece vado a trovarlo dopo le Orfanelle, dove sai: abbiamo
un sacco di cose da dirci, quando si riesce a mettere da parte la maledetta
fretta.
Sono quindici anni, ma ogni tanto mi giro e sei lì,
muretto o no. Come nella poesia, hai presente? Con Saverio e col gruppo è
iniziato tutto da lì, da quel richiamo. Per me è un altro dei tuoi scherzi.
Ammettilo.
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