Il sentiero


 

E così
faticosamente
mi sto incamminando
perché non è mica facile,
cosa credete,
uno si abitua al colore
di un’alba, alla linea
dell’orizzonte sopra il mare,
agli odori che arrivano
dalla porta aperta
sul retro del ristorante.

Uno si accorge di colpo
che tra gli scaffali impolverati
ha ancora almeno
una trentina di libri da leggere,
e almeno cinque
da rileggere
per portarli con sé
- dentro la testa -
in questo viaggio misterioso
che non prevede valigie.
E poi ecco, vorrei riascoltare
quel disco dei Beach Boys
che mio padre infilava
nel mangiadischi arancione
mentre mi portava
da qualche parte senza fretta,
così, per ricordarmi di lui,
ancora giovane, più giovane
di me adesso.

Cos’altro? Qualche vecchia foto
di perduti sogni, di perduti
amori, e quella
dove guardavo lontano
coi capelli lunghi
e la certezza
di poter costruire nuovi sogni.
E un posto in Irlanda
dove finisce la terra
e inizia l’oceano
e si sta lì ad aspettare
che qualcosa di nuovo succeda.
E naturalmente non  saprei
cosa dire a mio figlio
per non farlo commuovere,
solo di andare avanti
e far qualcosa
di più significativo di suo padre,
che presto sarà dimenticato,
appena dopo
l’ultimo canto liturgico.

Ecco, con molta fatica
ho infilato il sentiero,
riflettendo
su tutti questi passi,
un’esagerazione per arrivare
in fondo alla vita, e tutto
per riprendere a camminare
all’infinito
quando sarò dall’altra parte,
come da sempre racconta
il prete con tutta la compagnia
a dargli ragione.
E se dico che non è facile
credetemi, sono momenti
in cui ti viene in mente
tutto quello che non hai fatto
per pigrizia, per dispetto,
perché non ti sembrava contasse,
e proprio lì ti rendi conto
che avresti avuto tutto il tempo,
e adesso non ne hai più.

(mt)


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