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Visualizzazione dei post da aprile, 2009

Terra promessa, terre promesse

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Corriamo, accorriamo, soccorriamo. E poi dimentichiamo in fretta. Forse è normale, è la vita: rimuovere, a volte anche per esorcizzare. Lasciando chi ha perso tutto in balia di sé stesso, del destino. E delle promesse non mantenute. Succederà anche questa volta, anche con l'Abruzzo? Magari no, ma di sicuro lì è già successo. Dopo il 13 gennaio 1915, quando la terra tremò come mai prima, ne dopo, in Italia: XI grado della scala Mercalli, 29mila vittime su una popolazione, nelle zone colpite, di circa 120mila. Avezzano letteralmente rasa al suolo, con 10.700 scomparsi. Paesi come Sora, Castelliri, Isola Liri, danneggiati irreparabilmente. Il sospetto, anche allora, che l'uomo avesse avuto una bella parte di colpa, svuotando il lago Fucino per sviluppare l'economia locale. L'inadeguatezza dei soccorsi, in un'Italia che già annusava un clima di guerra (ci sarebbe entrata ufficialmente quattro mesi più tardi). Don Orione che si occupava degli orfani. E le promesse. Tante

Easter

A n'e so Invìci mè l'è un po' ch'a pràigh, ad nòta, quant a m svégg, ch'a so lè, ch'a n'arcàp sònn, l'è la vciaia? a n'é so, l'è la paéura? A pràigh, e u m pèr 'd sintéi, a n'é so, cmè ch'a n fóss da par mè, a n'é so, cmè che, l'è robi ch'l'è fadéiga, a déggh acsè, mo a n'é so gnénch s'a i cràid o s'a n'i cràid. Raffaello Baldini Non lo so Invece io è un po' che prego, di notte / quando mi sveglio, che sono lì, che non riprendo sonno / è la vecchiaia? non lo so, è la paura? / prego, e mi pare di sentire dentro, non lo so, / come se non fossi solo, non so, come se, / sono cose che è difficile, dico così, / ma non so nemmeno se ci credo o non ci credo

Dopo

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SCIACALLI E CANI Massimo Gramellini, "La Stampa", 9 aprile Una Mitsubishi bianca si aggirava ieri per le strade di Sora, lindo comune ciociaro che plebiscitò Andreotti per mezzo secolo, invitando col megafono la popolazione a lasciare le case in previsione di una scossa imminente. Fra i tanti episodi di sciacallaggio che ogni tragedia trascina con sé, questo mi ha colpito per la sua gratuità. In fondo, il tizio che su Facebook ha suggerito di versare gli aiuti sul proprio conto corrente, spacciandolo per quello della Protezione Civile, era animato da una deprecabile ma diffusa volontà di speculare sui sentimenti del prossimo. Anche gli zingari che si sono mescolati agli sfollati negli alberghi del litorale agivano sulla spinta di un interesse pratico. E il Telegiornale che ha sciorinato i dati di ascolto - come se aumentare o strappare alla concorrenza gli spettatori sulla scia di una tragedia fosse un merito professionale da sbandierare - sacrificava il buon gusto sull’altar

Le parole di Alberto Masala

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E finalmente Alberto Masala , poeta di canto e di parole sparse nel vento, ha affidato alla carta trent'anni di lavoro, di passione, di sofferta e gioiosa ricerca, di sentimenti dimenticati (dai più) e dissepolti, resuscitati, ravvivati, riaccesi. E se la poesia, la vita, l'urlo potente di Alberto è affidato soprattutto alla voce, alla tradizione orale così cara ai suoi luoghi, alla sua terra, è bello vedere fissate sulle pagine del suo “Alfabeto di strade” tutto quello che in questi anni ci ha cantato, ammonendoci con le sue pacate eppure solide, profonde verità. La poesia non ha cambiato il mondo, purtroppo. Ma è un angolo da cui il mondo si può guardare con lucida saggezza, separandone le infinite brutture dalle rare bellezze. Con la consapevolezza che sempre convivranno, e con la certezza di non essere mai, comunque, soli. La poesia non ha cambiato il mondo. Ma lo sa raccontare con autorevolezza, con dignità, con coerenza. Nelle parole cantate di Alberto Masala, poeta nel p